L’Italia che vorrei… come avrete notato, ogni giorno ricorre una “giornata” mondiale a tema.
Il 25 novembre è dedicato alla lotta contro la violenza sulle donne, ma non ce la possiamo cavare ritualmente con cerimonie e sfilate. Volendo, cambiare si può con… l’Italia del Fair Play.
La collettività rifletta sull’Italia che vorrebbe
A mio modesto avviso, la collettività dovrebbe trovare il modo di fare una profonda riflessione sul suo modo di essere. Avere il coraggio di riconoscere i propri difetti e farne una motivazione per cambiare e non un alibi per rimanere fatalisticamente inerti nel degrado morale o peggio farne un usbergo per ribaltare principi, concetti e orientamenti del fare. Se la nostra società è minata da un parassitismo latente, se ad ogni piè sospinto si invocano la privacy, la libertà e la democrazia, senza peraltro imporre con fermezza il prioritario rispetto delle regole, rischiamo di condividere l’idea che il suicidio e il martirio siano prezzi da pagare, un tributo da elargire al cinismo globalizzato.
In poche parole, occorre avere il coraggio di cambiare senza se e senza ma, laddove serve. Rivedere l’architettura del sistema educativo dalle radici, ovvero dalle scuole materne, dare sostegno, ma anche responsabilità alle famiglie, rivedere il ruolo cardine dello sport, come fattore sociale straordinario, recuperare il concetto di presidio territoriale attraverso investimenti mirati, strutturali, che non escludano il ripristino terapeutico del decoro urbano, della salvaguardia ambientale, della cultura come bene condiviso e della sicurezza come condizione essenziale. Infine e non ultimo, restituire la piena dignità e facilitare al massimo l’esercizio delle attività di volontariato, come ristoro e alternativa rispetto alla disgregazione di valori fondativi, che vanno difesi con il contatto tra gli umani e non impediti o peggio distrutti da masochistiche barriere digitali, ordite come mefitiche password.