Le infezioni urinarie in Italia rappresentano oggi una delle principali emergenze sanitarie. Ogni anno nel nostro paese si registrano oltre 750.000 casi, con un aumento del 18% annuo. Questo dato allarmante si intreccia con un altro problema crescente: l’uso scorretto degli antibiotici in ambito urologico.

Secondo la Società Italiana di Urologia, fino a quattro pazienti su dieci assumono antibiotici in modo improprio. Ciò alimenta un fenomeno ormai fuori controllo: la resistenza antimicrobica, che rende sempre più difficili da curare le infezioni comuni.

Perché le infezioni urinarie in Italia sono così frequenti?

Le infezioni delle vie urinarie possono interessare la vescica, l’uretra, i reni o la prostata. Sono causate nella maggior parte dei casi da batteri intestinali, in particolare dall’Escherichia coli, responsabile di circa il 70% delle infezioni.

Le donne sono più colpite a causa della conformazione anatomica del tratto urinario. Negli uomini, invece, il rischio aumenta con l’età e in presenza di problemi prostatici. Anche chi usa cateteri o ha subito interventi chirurgici alle vie urinarie è più vulnerabile.

I sintomi più comuni sono bruciore, dolore durante la minzione, bisogno frequente di urinare e, nei casi più gravi, febbre e dolore lombare.

L’abuso di antibiotici: un problema sottovalutato

Come spiega Giuseppe Carrieri, presidente della Società Italiana di Urologia e professore all’Università di Foggia, una delle cause principali dell’aumento delle resistenze è l’autogestione delle terapie.

Molti pazienti, di fronte a un’infezione recidivante, tendono a usare lo stesso antibiotico prescritto in passato senza consultare il medico. In altri casi, assumono antibiotici quando l’infezione non è di origine batterica.

Questo comportamento non solo è inutile, ma anche dannoso. Gli antibiotici agiscono solo contro i batteri e non servono se l’origine è virale o infiammatoria. Inoltre, l’uso improprio può alterare la flora intestinale e ridurre l’efficacia dei farmaci quando realmente necessari.

Perché l’automedicazione è pericolosa

L’automedicazione può sembrare una scorciatoia, ma comporta rischi seri. Oltre agli effetti collaterali, come danni epatici, renali o intestinali, contribuisce a rendere i batteri più resistenti.

Quando si assume un antibiotico senza esami specifici, si rischia di usare il farmaco sbagliato. Solo l’esame delle urine con urinocoltura permette di individuare il batterio responsabile e scegliere il trattamento corretto.

Durante l’attesa dei risultati, gli specialisti consigliano di bere molta acqua, assumere antinfiammatori per ridurre i sintomi e mantenere l’intestino regolare. Queste misure aiutano a limitare il disagio senza peggiorare il quadro clinico.

Infezioni urinarie in Italia: i batteri diventano sempre più forti

L’antibiotico-resistenza è ormai una realtà concreta. Fino al 50% dei ceppi di Escherichia coli è resistente ad almeno tre classi di antibiotici.

Il 30-50% dei ceppi non risponde più al trimetoprim-sulfametossazolo, mentre tra il 20 e il 30% è resistente ai fluorochinoloni, una categoria di antibiotici molto usata in passato.

Questo significa che le cure standard non sono più efficaci in molti casi. Nei pazienti ospedalizzati o con catetere, la probabilità di infezioni da batteri multiresistenti è ancora più alta.

Le conseguenze delle infezioni ricorrenti

Le infezioni urinarie ricorrenti sono un problema non solo per chi le vive, ma per tutto il sistema sanitario. Ogni nuovo episodio aumenta il rischio di complicazioni renali e di ospedalizzazioni.

Nei casi più gravi possono comparire danni permanenti al rene, specialmente in pazienti anziani o immunodepressi. Inoltre, le cure diventano più costose e complesse perché servono antibiotici più forti e più rari.

A livello di salute pubblica, la diffusione dei batteri resistenti compromette la capacità di curare anche altre infezioni, come polmoniti o infezioni post-operatorie.

La strategia degli urologi italiani

Per contrastare questo fenomeno, la Società Italiana di Urologia ha avviato programmi di formazione per medici, farmacisti e specialisti.

Sono stati attivati corsi a distanza e protocolli di antibiotic stewardship, cioè strategie per migliorare l’uso degli antibiotici negli ospedali. Questi programmi hanno già ridotto le prescrizioni inappropriate senza aumentare i rischi per i pazienti.

La collaborazione con i farmacologi sta portando allo studio di nuove molecole alternative, efficaci contro i ceppi resistenti e meno dannose per l’organismo.

I nuovi strumenti diagnostici

Le infezioni urinarie possono essere individuate più precocemente grazie ai nuovi biomarcatori, come Ngal, Il-6 e Il-8.

Queste molecole, ancora in fase di validazione, permettono di rilevare rapidamente i segni di infezione e di danno renale. In futuro potrebbero diventare strumenti fondamentali per evitare diagnosi tardive e trattamenti inutili.

Un altro fronte promettente è quello della diagnostica molecolare, che consente di identificare i batteri e le loro resistenze in poche ore, migliorando la precisione delle cure.

Come prevenire le infezioni urinarie?

La prevenzione resta l’arma più efficace. Bere molta acqua aiuta a diluire l’urina e a espellere i batteri. Anche svuotare la vescica regolarmente, soprattutto dopo i rapporti sessuali, riduce il rischio.

Un’alimentazione ricca di fibre favorisce la regolarità intestinale, importante per evitare la contaminazione batterica. L’igiene intima deve essere accurata ma non eccessiva, perché i detergenti troppo aggressivi possono alterare la flora protettiva.

Nei casi di infezioni ricorrenti, alcuni medici consigliano integratori a base di mirtillo rosso o D-mannosio, che riducono la capacità dei batteri di aderire alle pareti della vescica.

Cosa fare in caso di sintomi?

Quando compaiono bruciore, dolore o urgenza di urinare, la prima cosa da fare è rivolgersi al medico di base.

Il professionista valuterà la necessità di un esame delle urine e, se serve, prescriverà un antibiotico mirato. Assumere farmaci senza diagnosi può solo peggiorare la situazione.

Se i sintomi sono intensi o si accompagna febbre, è consigliato recarsi subito al pronto soccorso per evitare complicazioni renali.

Dati principali sulle infezioni urinarie in Italia

IndicatoreDato
Casi annuali stimatiOltre 750.000
Aumento annuo+18%
Uso improprio di antibiotici40% dei pazienti
Batterio principaleEscherichia coli (70% dei casi)
Resistenza ai fluorochinoloni20-30%
Resistenza al trimetoprim-sulfametossazolo30-50%
Ceppi multiresistenti50% nei casi ricorrenti

Domande frequenti sulle infezioni urinarie

Perché le infezioni urinarie sono così comuni?
Perché i batteri intestinali possono facilmente risalire l’uretra, soprattutto nelle donne, causando infiammazione e dolore.

Gli antibiotici servono sempre?
No. Solo un’infezione batterica confermata richiede antibiotici. In caso contrario, si rischia di peggiorare la resistenza.

Come si capisce se un antibiotico è efficace?
Serve l’urinocoltura, che identifica il batterio e indica a quali farmaci è sensibile.

Cosa succede se si usano antibiotici inutili?
Si possono avere effetti collaterali e si contribuisce alla diffusione dei batteri resistenti.

Come si possono prevenire le infezioni ricorrenti?
Bere molta acqua, curare l’igiene, evitare abiti troppo stretti e svuotare la vescica dopo i rapporti sessuali.

Esistono cure alternative agli antibiotici?
Sono allo studio nuove molecole e approcci terapeutici. Alcuni integratori aiutano a ridurre il rischio di recidive, ma non sostituiscono le cure mediche.

Cosa fare in caso di sintomi?
Contattare subito il medico. È importante non assumere antibiotici senza indicazioni precise e attendere i risultati degli esami.