Esaminando i cambiamenti genetici che hanno plasmato il nostro sviluppo ma che, al contempo, ci hanno esposto a rischi di malattie congenite, uno studio pubblicato su Nature chiarisce un paradosso dell’evoluzione della specie umana. A quanto pare,  le mutazioni che ci hanno portato a perdere la coda potrebbero averci resi suscettibili a disturbi spinali, come ad esempio la spina bifida. Come mai?

Il paradosso della coda scomparsa: alla ricerca dei misteri dell’evoluzione umana

Il paradosso dell’evoluziuone della specie: un mistero tutto da svelare

Ci sono due cose che un vero “detective genetico” conosce: la chiave per risolvere un caso spesso giace in un paradosso o nella ricerca di dettagli apparentemente insignificanti.

In secondo luogo, sa che l’evoluzione della specie è un mistero tuttora da svelare.

Riguardo al segreto della perdita della coda nei nostri antenati primati, il primo indizio che scuote le fondamenta del nostro sapere genetico è la scoperta di un tasso di mutazione insolitamente alto nel nostro DNA. Mentre altre specie tendono a ereditare poche mutazioni, noi umani possiamo vantare tra dieci e cento nuove variazioni genetiche sin dalla nascita. Ma cosa c’entra tutto questo con la nostra misteriosa perdita della coda?

Come abbiamo perso questo distintivo attributo? L’evoluzione, come sempre, ha le sue risposte nascoste nei meandri del DNA.

I segreti del DNA: il gene TBXT

Un recente studio ha spiegato l’enigma, svelando un intricato gioco genetico che ha guidato la scomparsa della coda nei nostri antenati primati. Il cuore del mistero risiede nel gene TBXT, la “proteina brachiuro” il custode della coda nel regno dei mammiferi. Ma c’è di più…

Il team investigativo ha scoperto un duo di “geni di salto” aggiuntivi in quell’area, un’arma segreta che potrebbe aver spianato la strada alla scomparsa della coda nel corso dell’evoluzione umana.

Insieme, questi geni di salto, innescano un effetto insolito sull’RNA messaggero TBXT, compromettendo la sua integrità e generando una proteina più corta. Ma il mistero non finisce qui.

Questa alterazione genetica, quando riprodotta nei topi, porta alla nascita di cuccioli senza coda.

Indizio che lascia appunto presagire chi siano stati i responsabili del cambiamento mutazionale che ha plasmato la nostra storia evolutiva.

Nesso tra perdita di coda e spina bifida

La spina bifida è una malformazione congenita che si verifica durante lo sviluppo dell’embrione

Ma la ricerca si è spinta oltre. Come una mappa del tesoro che rivela segreti nascosti, lo studio ha rivelato anche un collegamento sorprendente tra la mancanza di coda e un aumento dell’incidenza di malattie spinali congenite come la spina bifida. Parliamo di una malformazione congenita del sistema nervoso che si verifica durante lo sviluppo embrionale, quando la colonna vertebrale e il midollo spinale non si sviluppano correttamente. La patologia provoca diversi problemi:

  • Neurologici: difficoltà di controllo della vescica, paralisi delle gambe, difficoltà motorie e sensoriali;
  • Deformità ortopediche: piedi storti, scoliosi e displasia dell’anca;
  • Difficoltà di apprendimento e congitivo;
  • Problemi di salute mentale: ansia, depressione e problemi di autostima.

A questo punto, una domanda sorge spontanea:  Come può un vantaggio evolutivo comportare un costo così alto?

Il paradosso: l’evoluzione imperfetta

Gli esperti suggeriscono che l’evoluzione della specie, con i suoi tentativi di “correggere il tiro”, offre benefici imprevisti, insieme a costi inaspettati.

Tutto qua.

La marcia del progresso insomma, non è sempre una retta via verso il perfezionamento, ma piuttosto un viaggio tortuoso, pieno di inciampi e sorprese.

Così, mentre ancora oggi ci interroghiamo sul significato di “specie dominante”, questo paradosso ci spinge a riconsiderare la nostra visione dell’evoluzione e guardare oltre le illusioni della “perfezione evolutiva”, così da abbracciare la complessità e i misteri che ci rendono umani.

Fonte

Xia, B., Zhang, W., Zhao, G. et al. On the genetic basis of tail-loss evolution in humans and apes. Nature 626, 1042–1048 (2024).