Un recente studio ha aperto una nuova strada alla comprensione del legame tra l’insorgenza di aritmie cardiache e le fibrosi. Un innovativo approccio di imaging è stato, infatti, sviluppato da un team internazionale guidato dal Cnr-Ifc. Esso combina la mappatura elettrofisiologica del cuore con ricostruzioni tridimensionali ad alta risoluzione, rivelando come la fibrosi cardiaca possa alterare la propagazione degli impulsi elettrici. E favorire l’insorgenza di aritmie.
Lo studio è stato pubblicato su “Nature Cardiovascular Research”.
I ricercatori: “La fibrosi non è un tessuto inerte”
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L’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche – Unità di Firenze (Cnr-Ifc) è coordinatore di uno studio internazionale che ha aperto una nuova strada. I ricercatori hanno compreso il legame tra l’insorgenza di aritmie cardiache e le fibrosi. Ovvero il processo – comune a molte cardiopatie – di sostituzione delle cellule muscolari cardiache con tessuto connettivo.
La ricerca si è avvalsa di un protocollo ottico avanzato di clearing dei tessuti e un microscopio a foglio di luce mesoscopico. Grazie a ciò, il gruppo ha ricostruito in 3D l’intera struttura dei ventricoli. E ha identificato con precisione le zone fibrotiche e la loro relazione con i cardiomiociti circostanti. Integrando questi dati con modelli computazionali, è emerso che la fibrosi non è un tessuto “inerte”. Ma può promuovere un anomalo accoppiamento elettrico tra cellule muscolari e fibroblasti, creando così il substrato per aritmie da rientro.
Le aree fibrotiche si comportano come una sorta di filtro
«Finora non era chiaro come questo rimodellamento influisse sulla conduzione elettrica e sulla predisposizione alle aritmie», spiega Leonardo Sacconi (Cnr-Ifc), coordinatore dello studio.
La tecnica innovativa combina la mappatura elettrofisiologica del cuore con ricostruzioni tridimensionali ad alta risoluzione. «Questa – continua Sacconi – ci ha permesso di osservare che le aree fibrotiche si comportano come una sorta di filtro. Permettono la normale conduzione elettrica a frequenze fisiologiche. Ma bloccano o rallentano la propagazione a frequenze elevate, come quelle che si verificano durante condizioni di stress o tachicardia. Abbiamo così dimostrato che non basta conoscere la struttura del cuore per prevedere il rischio aritmico. È fondamentale integrare anche i processi di rimodellamento elettrofisiologico che si verificano nelle zone fibrotiche».
Insorgenza di aritmie cardiache e fibrosi, uno studio internazionale
Il lavoro rappresenta un risultato di grande impatto scientifico della nuova Unità di Ricerca presso Terzi (URT) OptoCARD del Cnr-Ifc attiva all’interno dell’Università di Firenze. L’Unità è in stretta collaborazione con Elisabetta Cerbai, ordinario di Farmacologia dell’ateneo fiorentino. Inoltre, è frutto di una vasta collaborazione di ricerca internazionale, che ha visto lavorare insieme ricercatori e ricercatrici provenienti da:
- Università di Friburgo.
- King’s College London.
- Università di Padova.
- Florida State University.
- Politecnico di Milano.
- Karlsruhe Institute of Technology.
- Università di Firenze.
- University of Connecticut.
- Laboratorio Europeo di Spettroscopie non Lineari.
In futuro nuovi modelli predittivi personalizzati
Lo studio apre la strada a nuovi modelli predittivi “personalizzati” (digital twin) per la valutazione del rischio aritmico nei pazienti. Ed anche per l’orientamento verso strategie terapeutiche mirate, incluse quelle di medicina di precisione e le terapie geniche di nuova generazione. Un approccio che il ricercatore porta avanti anche con il progetto “HeartCORE vincitore nel giugno 2025 di un ERC Advanced Grant. Ciò per il suo elevato impatto di innovatività.