I farmaci long acting rappresentano una nuova frontiera nel trattamento e nella prevenzione dell’HIV. La notizia, giunta dagli Usa, precisamente dall’edizione 2025 del Croi (Conference on retroviruses and opportunistic infections), ha portato una conferma importante. Ovvero, la possibilità di passare da una pillola al giorno a una singola iniezione ogni due mesi, che rivoluziona l’approccio terapeutico. Non solo, migliora anche l’aderenza, riducendo lo stigma e offrendo nuove opportunità soprattutto per le popolazioni più vulnerabili.
L’elevata persistenza dei farmaci long acting
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Diversi studi hanno confermato l’elevata persistenza dei farmaci long acting sia nel trattamento sia nella profilassi pre-esposizione. Permane, tuttavia, il problema di una diffusione limitata di questi farmaci in Italia.
«La somministrazione della terapia nella formulazione long acting, un’iniezione intramuscolare ogni due mesi di CabotegravirRilpivirina, è entrata nella gestione dei centri di malattie infettive in Italia. Ed è destinata a diventare il nuovo standard terapeutico». Lo dichiara Antonella Castagna, primario dell’UO di Malattie infettive dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano. «I dati più interessanti presentati al Croi emergono nello studio ‘Cares’ a 96 settimane su giovani donne in Africa. Qui, il problema dell’aderenza alla terapia orale è molto sentito e l’approccio long acting si è rilevato di grande successo. Le percentuali di successo virologico sono superiori al 95%».
HIV, terapia long acting importante per ridurre lo stigma
I dati presentati al Croi confermano efficacia e sicurezza in diversi popolazioni.
«Oltre a migliorare l’aderenza lasciando invariata l’efficacia, la terapia long acting è molto importante nella riduzione dello stigma». Continua così Antonella Castagna, che è anche direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie infettive e tropicali all’Università VitaSalute San Raffaele. «I farmaci assunti per via orale quotidiana, infatti, costituiscono ancora oggi una zavorra molto faticosa per tante persone che vivono con l’infezione da Hiv. Uno degli aspetti più rilevanti che rendono la terapia e la profilassi pre-esposizione long-acting strategiche per il futuro è il potenziale insito in questi approcci. Potenziale capace di raggiungere le popolazioni in cui l’aderenza rappresenta una sfida maggiore, come le donne, gli homeless, le persone transgender, i migranti».
Ripresa delle infezioni in Italia negli ultimi anni
In Italia negli ultimi anni abbiamo assistito a una ripresa delle infezioni, oltre duemila ogni anno (2.349 nel 2023).
In terapia ci sono oltre 140mila persone, ma il tasso di penetrazione della terapia long acting è ancora molto basso. Si avvicina, infatti, al 10% nei centri più attrezzati, rimanendo marginale in molti altri. Quindi la popolazione in teoria eleggibile a questo approccio resta in gran parte esclusa.
«La profilassi pre-esposizione orale – ricorda Andrea Antinori, direttore Dipartimento clinico Inmi Spallanzani – si può assumere in modalità continuativa, con una pillola al giorno. Oppure on demand, al bisogno, riducendo, con un’aderenza corretta, quasi del 100% il rischio di acquisizione di Hiv per via sessuale. Studi europei, francesi, americani e i dati della coorte italiana Ita-prep del periodo 2017-2023 rilevano che, dopo due anni solo il 40% circa mantiene un’aderenza adeguata».
Vi è un elevato tasso di persone (37% a due anni) che interrompe il percorso. Ma solo in alcuni casi ciò avviene per una reale riduzione del livello di rischio.
Cabotegravir: dati degli studi attestano un’efficacia doppia
L’erogazione della profilassi pre-esposizione iniettabile per via intramuscolare con Cabotegravir colma dunque le lacune della somministrazione orale.
La formula long acting consente tassi di aderenza più elevati, vista la somministrazione ogni due mesi, un intervallo di tempo che potrà presto allungarsi.
La somministrazione avviene in ospedale da parte degli operatori sanitari, che possono così monitorare l’aderenza.
I dati degli studi randomizzati di Cabotegravir documentano un’efficacia sostanzialmente doppia rispetto alla somministrazione orale.
Inoltre, la profilassi pre-esposizione iniettabile consente di raggiungere delle popolazioni più difficili e di avere in queste tassi elevati di efficacia. È il caso di sex worker o persone transgender.
Ema approva profilassi pre-esposizione long acting
La profilassi pre-esposizione long acting con Cabotegravir intramuscolare ha ottenuto l’approvazione da parte dell’Ema.
In Italia è inserita in una fascia per cui è approvato l’uso, ma non è rimborsabile e non è sostanzialmente disponibile. Il farmaco è al momento somministrato a poco meno di 500 persone attraverso un programma pilota di quattro centri. Ovvero, l’Inmi Spallanzani di Roma e tre ospedali milanesi, il Sacco, il San Raffaele, il Niguarda.
L’impressione è favorevole, c’è un alto tasso di gradimento da parte delle persone, sono tutti perfettamente aderenti e senza effetti collaterali di rilievo.