Il 12 maggio, si “celebra” (dal 1993) in tutto il mondo la “Giornata della fibromialgia”, patologia che colpisce nel nostro Paese circa due milioni di persone. Queste sono in maggioranza di sesso femminile.
La fibromialgia è una sindrome complessa cronica multifattoriale ad eziopatogenesi non ben identificata. È caratterizzata dall’estrema varietà e differenziazione di sintomi che la esprimono.
La complessità del quadro clinico e la mancanza di biomarcatori fanno sì che si metta in dubbio la sua esistenza.
Gli italiani che convivono con i suoi sintomi essenziali sperimentano: dolore cronico diffuso in tutto il corpo, rigidità, stanchezza fisica e mentale, disturbi del sonno. Ma anche problemi con il pensiero, la memoria e la concentrazione, alterazioni dell’umore come ansia, depressione facile irritabilità, mal di testa, comprese le emicranie.
Gli esperti concordano nel ritenere gli specialisti in reumatologia come coloro i quali possono dare risposte alla domanda di salute del paziente con fibromialgia.
Fibromialgia, necessario considerare vari aspetti
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In vista della Giornata mondiale, Daniela Marotto, presidente del Collegio Reumatologico Italiano (CReI ), interviene sul problema. «Per una corretta diagnosi di fibromialgia occorre una corretta e attenta valutazione clinica che consideri tanti aspetti. Proprio la complessità della sintomatologia, altamente invalidante spinge il paziente a peregrinare per anni tra vari specialisti che spesso non guardano alla complessità del quadro. Ma solo al singolo sintomo ritardando così la diagnosi e di conseguenza peggiorandone la prognosi».
Dalla complessità del quadro clinico si comprende come sia necessario avere un approccio terapeutico multimodale che contempli anche un‘attività fisica regolare. Non solo, è necessario seguire precise indicazioni alimentari e in alcuni casi terapie psicologiche di supporto quali quelle di tipo cognitivo comportamentale.
In Italia non è ancora riconosciuta come patologia
La patologia è riconosciuta come tale in molti paesi, ma tra questi purtroppo non c’è ancora l’Italia. CreI lancia un messaggio tramite il suo presidente: «Occorre creare una consapevolezza da parte dei cittadini nei confronti del loro stato di malattia. Consapevolezza accompagnata dalla creazione di un’alleanza terapeutica con i clinici. E seguita dall’impegno dell’ambiente istituzionale, politico, parlamentare e regionale di dare forma legislativa e normativa alla presa in carico del paziente con fibromialgia. A partire dal suo inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)».
Riconoscere la patologia, la battaglia delle associazioni
In Italia prosegue la battaglia di riconoscimento della patologia, grazie anche al lavoro delle associazioni pazienti e all’attenzione delle Istituzioni.
Il non riconoscimento come malattia invalidante è una carenza per il nostro Paese, a cui alcune regioni stanno cercando di porre rimedio. E il mondo clinico non è impreparato di fronte a una patologia che presenta numeri indicativi preoccupanti.
«Gli specialisti in reumatologia, sono i clinici che direttamente possono intercettare, diagnosticare e rispondere al bisogno di salute del paziente con fibromialgia. Ciò in stretta collaborazione con i medici di medicina generale», conclude Marotto, raccomandando di non sottovalutare i sintomi e andare a visita dal proprio medico. Quest’ultimo saprà indicare la via migliore per accedere allo specialista reumatologo per affrontare il disturbo in modo tempestivo.
La sindrome non può essere più considerata invisibile.