L’antibiotico-resistenza (AMR) si conferma una delle principali minacce per la salute pubblica a livello globale. Lo hanno ribadito gli infettivologi riuniti a Napoli per il XXIII Congresso della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT). Qui, i vari studi presentati sui germi resistenti agli antibiotici hanno evidenziato il peso di questo fenomeno in Italia. I dati del progetto Resistimit sottolineano concretamente il rischio di mortalità per questi microrganismi resistenti agli antibiotici.

Dagli studi emerge che la regione Campania ha numeri più allarmanti rispetto alla media nazionale.

I dati della piattaforma clinica Resistimit

Uno dei principali lavori di SIMIT di questi mesi consiste nella piattaforma clinica Resistimit, un registro dinamico sulla sorveglianza e condivisione di dati su trend epidemiologici. È anche un software per la messa in rete di questi dati.

Ad oggi vi sono 45 centri operativi nella piattaforma Resistimit, mentre nel database sono analizzati 800 pazienti colpiti da infezione grave da batteri gram negativi.

«I dati sulla mortalità negli ospedali italiani stratificati per agente patogeno evidenziano una probabilità di morte a 30 giorni». Così Marco Falcone, consigliere SIMIT e responsabile progetto Resistimit. «Probabilità che può andare dal 10% dei batteri meno resistenti fino al 40%, in caso di microrganismi che sono diventati epidemiologicamente più rilevanti. Come ad esempio Acinetobacter baumannii ed Enterobatteri resistenti ai carbapenemici. In altri termini, alcune infezioni acquisite in ospedale determinano un’elevata probabilità di decesso».

L’Italia è il primo Paese europeo per mortalità per AMR

In Italia, il fenomeno assume dimensioni particolarmente preoccupanti, con oltre 12mila decessi annui attribuibili a infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici. Ciò posiziona il Paese al primo posto in Europa per mortalità correlata all’Antimicrobial Resistance (AMR).

Si stima che tra il 2022 e il 2023 in Italia circa 430mila persone abbiano contratto un’infezione ospedaliera. Ovvero l’8,2% dei pazienti ricoverati. Contro una media europea del 6,5%, con un tasso di somministrazione di antibiotici pari al 44,7%, superiore alla media europea del 33,7%.

Le infezioni nosocomiali possano essere ridotte del 30%

L’elevato consumo di antibiotici contribuisce significativamente all’aumento della resistenza antimicrobica. «Tuttavia, si stima che le infezioni nosocomiali possano essere riducibili del 30% facendo più prevenzione negli ospedali e riducendo i consumi di antimicrobici». Lo sottolinea Ivan Gentile, consigliere SIMIT e Professore Ordinario di Malattie Infettive, Università degli Studi Federico II, Napoli. «In pratica, tra le 135 e le 210mila infezioni nosocomiali potrebbero essere evitate, con benefici in termini di minori decessi e notevole risparmio economico. Va inoltre ribadito come l’80-90% del consumo totale di antibiotici avviene a livello territoriale. È necessario quindi utilizzare tutti gli strumenti in nostro possesso per ottenere una riduzione sicura del consumo degli antibiotici. In questo senso, sono decisivi una formazione adeguata degli operatori sanitari e l’utilizzo di diagnostica rapida che consenta di discriminare tra infezioni batteriche e virali».

Il XXIII Congresso SIMIT a Napoli

Antibiotico-resistenza e infezioni correlate all’assistenza sono gli argomenti al centro del XXIII Congresso SIMIT di Napoli. Affrontati anche i temi delle vaccinazioni nell’adulto e nel soggetto fragile, del Covid-19 nell’immunodepresso, delle nuove terapie e strategie di profilassi per l’infezione HIV.

Non sono mancate discussioni sulla gestione delle epatiti croniche, sul ruolo dei cambiamenti climatici nelle arbovirosi e nelle altre infezioni e sulla situazione in Campania. La regione presenta un quadro complesso riguardo all’antimicrobico resistenza e alle infezioni correlate all’assistenza.

Il Sistema Regionale di Sorveglianza dell’Antibiotico Resistenza (Si.Re.Ar.), attivo dal 2010, ha evidenziato percentuali di resistenza tra le più elevate in Italia. In particolare, si osserva una diffusione significativa di patogeni multi-resistenti, come Klebsiella pneumoniae e Acinetobacter baumannii resistenti alla classe di antibiotici dei carbapenemi. La loro prevalenza è superiore rispetto alla media nazionale ed europea.