Con Filippo Ganna torna in Italia il record dell’ora, l’articolo del direttore Ruggero Alcanterini
Ma sì, anche oggi, come due anni fa, lasciamoci alle spalle i dolori della guerra, del Covid che non ci abbandona, dell’integralismo religioso che si accanisce sulle donne, della politica e dell’economia stressate, del Bel Paese prima essiccato e poi sott’acqua.
Lo stoicismo ultraerodinamico di Filippo Ganna
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Via, via, tiriamoci su il morale, spingendo forte sui pedali avvalendoci della genia vincente dei Ganna, con lo stoicismo ultraerodinamico di Filippo. L’omonimia in questo caso non è assolutamente banale, perché il primo Ganna, Luigi, era uno tosto, nato ad Induno Olona centotrentanove anni fa, appunto quello che vinse il primo Giro d’Italia nel 1909.
Filippo, nato a Verbania nel 1996, ma con il nonno sempre di Induno e il padre “azzurro” della canoa, è super possente, con i suoi 86 chili di muscoli per 1,93 d’altezza, ieri nel Velodromo svizzero di Grenchen, coprendo la distanza di km. 56,792 è divenuto il nuovo recordman dell’ora, come capitò a Giuseppe Olmo, Fausto Coppi, Ercole Baldini ed Aldo Moser (record trasformato in migliore prestazione umana dall’UCI per via delle ruote lenticolari) prima di lui.
Filippo è lo stesso che, dando prova di straordinaria resilienza, ha corso da gregario l’ultimo Tour de France, lo stesso che due anni fa nell’Autodromo di Imola si era laureato Campione del Mondo dei Professionisti nella Cronometro, dopo aver dominato nell’inseguimento individuale dal 2016 , con il titolo iridato da professionista, nel marzo del 2018.
Per questo, dopo aver ricordato che il progresso tecnologico delle bici da record è passato anni fa dal Centro di Ricerca al “Giulio Onesti”, con la direzione del prof. Antonio Dal Monte e che in Italia il nostro Velodromo Olimpico a Roma fu fatto implodere con il tritolo quattordici anni fa, eccovi quella che fu la mia prima reazione quattro d’anni fa…
Il ciclismo di Ganna in Ganna (3 febbraio 2018)
Ieri ho avuto un sussulto nel sentire il cognome Ganna. Oro dell’inseguimento ai mondiali di ciclismo sulla pista olandese di Apeldoorn. Sì, perché io sono affascinato dall’idea dei corsi e dei ricorsi. Consapevole, però, che difficilmente si ripetono negli stessi termini e comunque che i nomi dei personaggi coinvolti abbiano lo stesso cognome. Salvo che non si tratti di dinastie regnanti.
In questo caso, il sangue dei protagonisti non è blu ma comunque cambia solamente il nome, da Luigi a Filippo, rimanendo il Ganna, mitico se associato al Campione che nel 1909 vinse la prima edizione del Giro d’Italia, dopo essersi aggiudicato la Milano – Sanremo.
Luigi Ganna, il “re del fango”
Prima di passare professionista con la Bianchi e comporre lo storico trio dei “Moschettieri” con Pavesi e Galletti, faceva il muratore. Per andare a lavorare da Induno Olona a Milano percorreva con la bici cento chilometri, ogni giorno. Era dotato di un fisico possente e resistente alle peggiori condizioni avverse. Per questo, nell’immaginario collettivo, lui era il “re del fango”. In realtà lo era anche della pista, posto che nel Velodromo di Milano, nel 1908, dopo aver colto il quinto posto al Tour, stabilì il record dell’ora totalizzando Km 40,405 .
Quindi, non a caso Varese gli ha intitolato il Velodromo cittadino. E non a caso dopo centodieci anni la fiamma del ciclismo italico torna gagliarda con un altro Ganna. Un Ganna dal fisico più che robusto, perché Esordiente nel Pedale Ossolano, adesso astro del professionismo, il pluriridato erede di Luigi corre per i colori della Ineos.
Filippo Ganna, dopo aver collezionato i massimi allori sulla pista, ha già nel palmares la vittoria nella Parigi – Rubaix per gli under 23 (2016). E il terzo posto nella Vuelta di Spagna nel gennaio di quest’anno.
Pedalando, pedalando il nostro gigante su due ruote potrebbe togliersi parecchie altre soddisfazioni, compreso lo stesso record dell’ora. Luigi, il predecessore, appese la bici al chiodo nel 1914 per dedicarsi alla imprenditoria nel settore dei cicli e dei motocicli. Avviando alle vittorie sulle due ruote “campionissimi” come Bottecchia e Magni. Luigi svolse questa attività con altrettanto successo di quella agonistica dal 1923 al 1957, quando s’involò per Borea. Dunque, “chapeau!” per i Ganna, alfieri dello sviluppo e della rinascenza ciclistica azzurra.