L’ematoma subdurale cronico, una delle patologie neurochirurgiche più comuni, colpisce prevalentemente le persone anziane, con un’incidenza in costante aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione globale. Questa condizione si verifica quando il sangue si accumula tra il cervello e le sue membrane protettive a seguito di traumi cranici, spesso legati a cadute o all’uso di farmaci anticoagulanti. Un trattamento innovativo, che combina chirurgia ed embolizzazione dell’arteria meningea media (MMA), ha mostrato risultati promettenti nel ridurre le recidive
Cos’è l’ematoma subdurale e perché è rilevante
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L’ematoma subdurale cronico è causato dal sanguinamento di piccoli vasi sanguigni tra la superficie cerebrale e il rivestimento esterno del cervello. I sintomi, che includono mal di testa, nausea, vertigini, debolezza e confusione, possono svilupparsi gradualmente nell’arco di giorni o settimane. La diagnosi avviene attraverso scansioni TC o RM, che mostrano l’accumulo di sangue e l’eventuale spostamento della linea mediana cerebrale.
Tradizionalmente, il trattamento si basa sulla chirurgia.
Essa prevede la creazione di un piccolo foro nel cranio o la rimozione di una sezione ossea per drenare il sangue accumulato. Tuttavia, la recidiva è comune, con un tasso che raggiunge il 15% dei casi, richiedendo spesso ulteriori interventi chirurgici, specialmente nei pazienti anziani.
Un’innovazione nella cura: l’embolizzazione dell’arteria meningea media
Un team di ricercatori della Weill Cornell Medicine e dell’Università di Buffalo ha dimostrato che l’aggiunta dell’embolizzazione dell’arteria meningea media (MMA) alla chirurgia riduce significativamente il rischio di recidiva. Questa procedura, minimamente invasiva, utilizza un catetere per introdurre un agente embolico, come Onyx, nell’arteria meningea media, bloccando i vasi sanguigni che alimentano l’ematoma.
«Riducendo il rischio di recidiva dell’ematoma, questa procedura può evitare ulteriori ricoveri e interventi chirurgici. Cosa che offre un beneficio significativo ai pazienti anziani, che costituiscono la popolazione più colpita». A sottolinearlo, il dottor Jared Knopman, direttore di Chirurgia Cerebrovascolare del Weill Cornell Medicine.
I risultati dello studio EMBOLISE
Lo studio multicentrico e randomizzato EMBOLISE, pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha coinvolto 400 pazienti con ematomi subdurali cronici, reclutati da 39 centri medici tra il 2020 e il 2023. I ricercatori hanno suddiviso i partecipanti (con un’età media di 72 anni), in due gruppi.
Il primo, ha ricevuto la combinazione di chirurgia ed embolizzazione.
Il secondo invece è stato trattato solo con la chirurgia.
I risultati sono stati impressionanti.
Il tasso di recidiva o progressione dell’ematoma che ha richiesto un secondo intervento entro 90 giorni è stato del 4% nel gruppo trattato con embolizzazione, contro l’11,3% nel gruppo di controllo. I
noltre, gli eventi avversi gravi attribuiti all’embolizzazione sono stati limitati al 2% dei pazienti.
«Questo studio fornisce prove solide che l’embolizzazione MMA dovrebbe essere considerata il nuovo standard di cura per una delle condizioni neurochirurgiche più frequenti», ha dichiarato Knopman. «Oltre a ridurre le recidive, questa procedura migliora i risultati complessivi per i pazienti, in particolare quelli più vulnerabili».
Una patologia sempre più diffusa
L’ematoma subdurale cronico è destinato a diventare la patologia cranica neurochirurgica più comune entro il 2030, secondo il dottor Jason Davies, coautore dello studio e professore associato di Neurochirurgia presso l’Università di Buffalo. L’embolizzazione MMA potrebbe non solo migliorare i risultati clinici, ma anche ridurre i costi sanitari, specialmente in una popolazione che invecchia rapidamente.
«Se trattassimo precocemente i pazienti con embolizzazione, potremmo ridurre significativamente il numero di coloro che necessitano di interventi chirurgici più invasivi in futuro», ha aggiunto il dottor Knopman.
Questa procedura potrebbe inoltre trovare applicazione nei casi di ematomi subdurali meno gravi, prevenendo potenziali complicanze prima che diventino critiche. Il team sta attualmente studiando l’uso preventivo dell’embolizzazione per pazienti con ematomi di dimensioni ridotte.
«Questa innovazione non solo cambia il modo in cui trattiamo questa patologia, ma rivela anche nuovi aspetti del cervello che sono rimasti inesplorati per decenni».
Con l’avanzare della ricerca, l’adozione di questo approccio integrato potrebbe diventare la prassi standard nei prossimi anni. I risultati dello studio EMBOLISE segnano un passo importante verso un futuro in cui la neurochirurgia possa offrire trattamenti sempre più efficaci e meno invasivi.