Un nuovo studio condotto dagli studiosi del Monte Sinai, in collaborazione con la Rockefeller University, ha chiarito gli effetti della tossicodipendenza sul cervello. Pubblicato su Science, lo studio rivela un intricato meccanismo che permette alla cocaina e alla morfina di manipolare i sistemi naturali di ricompensa del cervello. La scoperta fornisce una comprensione più approfondita delle basi neurali della tossicodipendenza, ma potrebbe anche aiutare a sviluppare nuove strategie terapeutiche per contrastare questo grave problema

Gli strani effetti manipolatori della tossicodipendenza 

Dipendenza: gli effetti manipolatori della droga

Strani effetti. Mentre la ricerca sulle dipendenze ha attraversato decenni di indagini, uno studio recente si è distinto come “pionieristico” nel suo campo. L’autore senior, Eric J. Nestler, figura di spicco nel mondo della neuroscienza, ha sottolineato l’importanza di questa scoperta . «Questo studio è il primo a dimostrare che gli psicostimolanti e gli oppioidi influenzano le stesse cellule cerebrali coinvolte nell’elaborazione delle ricompense naturali », ha affermato.

Approfondimento sullo studio

Lo studio ha esaminato due classi di droghe: gli psicolostimolanti e gli oppioidi

Lo studio si è concentrato su due classi di droghe: la cocaina, uno psicostimolante, e la morfina, un oppioide. La ricerca ha richiesto la collaborazione di un team interdisciplinare guidato dal Dr. Nestler e da Jeffrey M. Friedman, esperto di stupefacenti della Rockefeller University. Attraverso un’approfondita analisi in modelli murini, il team ha identificato meccanismi convergenti di dipendenza. Cosa che ha consentito di capire le complesse interazioni tra le sostanze psicoattive e il cervello. Tra i protagonisti di questo studio, si distinguono due biofisici di spicco. Parliamo di Alipasha Vaziri, professore di neuroscienze e comportamento della Rockefeller University e co-autore senior dello studio, e Tobias Nöbauer, assistente professore di ricerca alla Rockefeller University e co-primo autore dello studio. 

L’unione fa la forza

Il team ha unito le proprie competenze per impiegare una serie di strumenti all’avanguardia e metodologie rivoluzionarie: dallo studio dei comportamenti fino ai meccanismi cellulari e molecolari delle neuroscienze. Grazie a questa sinergia, i ricercatori sono riusciti a delineare in modo dettagliato come i singoli neuroni nella regione cerebrale del nucleus accumbens, rispondano sia alle ricompense naturali, come il cibo e l’acqua, sia all’esposizione a cocaina e morfina, con effetti specifici su diversi tipi cellulari.

Per inciso: il nucleus accumbens è una formazione neuronale contenuta all’interno del corpo striato, a sua volta incluso nei nuclei della base. Risultato?

Effetti delle droghe: una scoperta straordinaria 

effetti delle droghe: l’uso ripetuto disturba la normale funzionalità delle cellule

Ciò che hanno scoperto è una sorprendente sovrapposizione di cellule che reagiscono sia alle sostanze psicoattive sia alle ricompense naturali. Inoltre, hanno dimostrato che l’uso ripetuto di droghe disturba progressivamente la normale funzionalità di queste cellule. Spinge infatti verso la ricerca ossessiva di droghe, lontano dalle ricompense naturali. Caleb Browne, scienziato del Campbell Family Mental Health Research Institute al Center for Addiction and Mental Health (CAMH) di Toronto, ha sottolineato che le droghe, come cocaina e morfina, innescano risposte cellulari più intense rispetto al cibo o all’acqua, un effetto che si intensifica con l’uso continuato.

«Dopo l’astinenza dai farmaci, queste stesse cellule mostrano risposte disorganizzate alle ricompense naturali in un modo che può assomigliare ad alcuni degli stati affettivi negativi visti nel ritiro nel disturbo da uso di sostanze».

Il ruolo di una segnalazione intracellulare

Il team di ricerca ha individuato una via di segnalazione intracellulare fondamentale, chiamata mTORC1, che favorisce l’interferenza delle droghe con il normale processo di elaborazione delle ricompense naturali. Inoltre, ha identificato un gene, Rheb, che attiva questa via. Questo ha spianato la strada verso la ricerca di nuovi bersagli terapeutici nel campo della tossicodipendenza, dove attualmente le opzioni terapeutiche sono limitate. L’obiettivo futuro del team è di approfondire la comprensione della biologia cellulare alla base delle neuroscienze della dipendenza. In questo modo, si potrebbero identificare percorsi molecolari cruciali per la ricerca di base e per lo sviluppo di trattamenti più efficaci.

«Sappiamo da decenni che le ricompense naturali, come il cibo e le droghe che creano dipendenza, possono attivare la stessa regione del cervello». A spiegarlo, il dottor Friedman. «Ma quello che abbiamo appena imparato è che influenzano l’attività neurale in modi sorprendentemente diversi. Le droghe che creano dipendenza hanno effetti patologici su questi percorsi neurali, distinti dalla risposta fisiologica al mangiare o al bere».

A lui fa eco il dottor Nestler. «Una parte cruciale della nostra ricerca futura sarà dedicata alla comprensione di come il cervello elabori informazioni provenienti da diverse fonti e come questo meccanismo consenta alle droghe di sovrastare le ricompense naturali, portando alla dipendenza».

Il lavoro del team rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione dei meccanismi neurali alla base della tossicodipendenza, aprendo nuove prospettive per lo sviluppo di terapie mirate e più efficaci.

Fonte

Science