Uno studio dell’Istituto Karolinska, pubblicato su Cell Reports, ha rivelato il ruolo della dopamina nell’autismo. Attraverso un modello murino con mutazione genetica, i ricercatori hanno identificato deficit nella comunicazione neuronale che potrebbero spiegare i sintomi comportamentali del disturbo e aprire nuove strade per diagnosi e trattamenti.

Dopamina e autismo: una relazione complessa e poco esplorata

Uno studio dell’Istituto Karolinska ha rivelato il ruolo della dopamina nell’autismo

Il disturbo dello spettro autistico (ASD) è una condizione neuropsichiatrica complessa caratterizzata da difficoltà sociali, comportamenti ripetitivi e inflessibilità cognitiva. Sebbene siano noti numerosi fattori genetici e ambientali che contribuiscono all’ASD, i meccanismi neurobiologici sottostanti rimangono parzialmente oscuri.

Un team di ricerca dell’Istituto Karolinska di Stoccolma ha condotto uno studio pionieristico per esplorare come i cambiamenti nella neurotrasmissione della dopamina.

Parliamo cioè di un neurotrasmettitore cruciale per la motivazione e l’adattamento comportamentale, siano implicati nei sintomi dell’autismo.

Grazie a un modello murino con mutazioni nel gene eIF4E, legato al rischio di autismo negli esseri umani, lo studio ha rilevato anomalie nella comunicazione tra dopamina e acetilcolina nei gangli basali, una regione cerebrale essenziale per il controllo dei movimenti e delle funzioni cognitive.

Le basi genetiche dello studio

Il gene eIF4E svolge un ruolo cruciale nella traduzione delle informazioni genetiche in proteine, un processo essenziale per il corretto funzionamento delle cellule. In particolare, studi precedenti hanno evidenziato che mutazioni in questo gene sono strettamente legate ai disturbi dello spettro autistico (ASD). Di conseguenza, utilizzando modelli murini geneticamente modificati per esprimere livelli elevati di eIF4E, i ricercatori hanno potuto osservare comportamenti che ricordano quelli tipici dell’autismo. Tra questi, spiccano la difficoltà nell’adattarsi ai cambiamenti, l’esecuzione di azioni ripetitive e le problematiche legate all’interazione sociale, elementi centrali nella sintomatologia dell’ASD.

Questi tratti comportamentali osservati nei roditori li rendono strumenti preziosi per investigare le basi neurobiologiche dell’autismo. Il loro utilizzo permette di esplorare i meccanismi molecolari alla base della patologia e di valutare l’efficacia di nuove terapie, aprendo la strada a interventi mirati e potenzialmente più efficaci.

L’importanza della dopamina e della comunicazione neuronale

Secondo Emanuela Santini, ricercatrice principale dello studio, il rilascio di dopamina nei topi con mutazione eIF4E è significativamente ridotto. «La dopamina è un messaggero chimico essenziale per il controllo motorio, la motivazione e l’apprendimento. Nei topi ASD, abbiamo osservato un deficit nel rilascio di dopamina che potrebbe spiegare l’inflessibilità comportamentale».

I ricercatori hanno scoperto che questa riduzione è causata da un’interruzione nella comunicazione tra dopamina e acetilcolina, un altro neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione del comportamento. Il deficit riguarda in particolare i recettori nicotinici dell’acetilcolina, che normalmente stimolano il rilascio di dopamina attraverso un afflusso di calcio.

Tecnologie avanzate per svelare i meccanismi cerebrali

Il team di ricerca ha utilizzato tecnologie di precisione per studiare i processi neurobiologici coinvolti. Attraverso l’optogenetica, che consente di attivare specifici circuiti cerebrali con la luce, è stato possibile modulare con esattezza le aree neurali di interesse.

Inoltre, l’imaging avanzato ha permesso di monitorare in tempo reale i livelli di acetilcolina e calcio nei gangli basali, una regione chiave per il controllo motorio e comportamentale.

L’integrazione di queste tecnologie ha fornito una visione approfondita delle dinamiche molecolari e cellulari. I ricercatori hanno potuto analizzare con precisione l’impatto delle anomalie genetiche sui circuiti neurali, chiarendo i meccanismi attraverso cui queste alterazioni influenzano i comportamenti associati all’autismo.

«Abbiamo scoperto che nei topi ASD, il legame tra acetilcolina e i recettori nicotinici era compromesso, riducendo l’afflusso di calcio necessario per il rilascio di dopamina».

A spiegarlo, Anders Borgkvist, coautore dello studio. Aumentando artificialmente i livelli di calcio, i ricercatori sono riusciti a ripristinare parzialmente il rilascio di dopamina, dimostrando che il problema risiede nella funzione del recettore.

Gangli basali e inflessibilità comportamentale

Lo studio ha confermato che i gangli basali, una regione cerebrale responsabile dell’adattamento comportamentale e delle funzioni motorie, sono profondamente influenzati nell’autismo. «Le nostre scoperte suggeriscono che i deficit nella comunicazione tra dopamina e acetilcolina in questa area possano spiegare l’inflessibilità comportamentale, un tratto comune nell’ASD».

Così commenta Borgkvist.

Implicazioni per diagnosi e trattamenti futuri

Questo studio segna un importante progresso nella comprensione dei complessi meccanismi cerebrali alla base dell’autismo e apre nuove prospettive per applicazioni cliniche. Secondo Santini, i risultati ottenuti hanno il potenziale di affinare i criteri diagnostici per i disturbi dello spettro autistico. Il che, permetterebbe di identificare con maggiore precisione i diversi sottotipi del disturbo e favorendo un approccio più personalizzato alla diagnosi.

Queste scoperte potrebbero favorire lo sviluppo di nuove terapie mirate, concentrandosi su farmaci capaci di modulare l’interazione tra dopamina e acetilcolina, neurotrasmettitori essenziali per il controllo delle funzioni sociali e cognitive. Questo approccio innovativo potrebbe portare a trattamenti più efficaci, migliorando in modo significativo la qualità della vita delle persone con ASD.

«L’inflessibilità comportamentale rappresenta una delle principali sfide per le persone con ASD e le loro famiglie. Comprendere i meccanismi cerebrali che la causano ci avvicina alla possibilità di sviluppare trattamenti più efficaci», aggiunge Santini.

Limiti dello studio e prospettive future

Nonostante i progressi, i ricercatori sottolineano che il modello murino non può catturare tutte le complessità dell’autismo umano.

Inoltre, saranno necessarie ulteriori ricerche per esplorare come queste scoperte si traducano in interventi clinici.

Lo studio ha anche evidenziato differenze significative tra i sessi.

La comunicazione dopamina-acetilcolina sembra avere un ruolo meno rilevante nell’autismo femminile, suggerendo che i meccanismi cerebrali alla base del disturbo possano variare tra maschi e femmine.

Fonti

Josep Carbonell-Roig et al., Neurotrasmissione della dopamina mediata dall’acetilcolina disregolata nel modello topo eIF4E Tg dei disturbi dello spettro autistico, Cell Reports (2024). DOI: 10.1016/j.celrep.2024.114997

Istituto Karolinska