In questa guida ci occupiamo di danni patrimoniali: cosa sono, quando sono risarcibili e come richiedere il risarcimento. E ancora tutto sulle due componenti del danno patrimoniale e come si calcola il lucro cessante a fini risarcitori.
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Danni patrimoniali: cosa sono e definizione
Indice dei contenuti
I danni patrimoniali sono una categoria di pregiudizi che coinvolgono direttamente il patrimonio economico di un individuo o di un’entità. Riguardano perdite finanziarie o diminuzioni di valore che possono verificarsi a seguito di eventi dannosi, come incidenti, negligenze, violazioni contrattuali o altre circostanze che comportano una diminuzione del patrimonio economico di una persona o di un’azienda.
Il danno patrimoniale è quindi un pregiudizio economico che colpisce il danneggiato, provocandogli un impoverimento. Hanno diritto al risarcimento del danno patrimoniale tutte le vittime di esposizione ad agenti cancerogeni, come l’amianto.
Quando è possibile il risarcimento di un danno patrimoniale?
Come già detto, il risarcimento del danno patrimoniale è un compenso che risarcisce la lesione di un interesse patrimoniale.
Il risarcimento del danno è previsto nell’ordinamento giuridico italiano dall’articolo 2043 del codice civile:
“Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.
La condotta che ha causato il danno può essere di natura contrattuale o extracontrattuale (cioè un comportamento che lede la convivenza tra individui della società civile, al di fuori di un contratto).
Fondamentale per il risarcimento è il nesso causale tra la condotta illecita e il danno provocato. In altre parole il soggetto che ha commesso l’illecito è responsabile dell’obbligo risarcitorio solo se la sua condotta è ricollegabile causalmente all’evento dannoso.
Perciò, per ottenere il risarcimento dei danni come quelli patrimoniali, è indispensabile che:
- sussista un nesso tra comportamento ed evento, affinché possa configurarsi a monte una responsabilità, in termini di causalità materiale;
- che il nesso consenta l’imputazione delle singole conseguenze dannose, in termini di causalità giuridica.
Quali sono le varie componenti dei danni patrimoniali?
I danni patrimoniali possono assumere varie forme. Si può avere una diminuzione del patrimonio (danno emergente) e un mancato guadagno determinato dal fatto dannoso (lucro cessante).
- il danno emergente è quindi la perdita patrimoniale subita dal creditore o dalla vittima (ad esempio, il valore delle merci trasportate e andate distrutte per colpa ascrivibile al vettore o le spese mediche sostenute a seguito di un incidente);
- lucro cessante è il profitto che il soggetto avrebbe ottenuto senza il verificarsi dell’evento dannoso (ad esempio, il guadagno che il creditore avrebbe ricavato dalla vendita delle merci, se non fossero andate distrutte).
Il cosiddetto danno alla reputazione coinvolge la diminuzione del valore economico associato all’immagine o alla reputazione di un individuo o di un’azienda ed è connesso al lucro cessante.
Tra i danni emergenti sono inclusi anche i costi legali, ovvero le spese legali sostenute per proteggere i propri interessi o per ottenere un risarcimento.
Risarcimento per la perdita della capacità lavorativa
Il ristoro del danno patrimoniale comprende anche la perdita della capacità lavorativa. Questa si distingue in:
- generica, che riguarda un danno non patrimoniale determinato dalla difficoltà a esercitare un’occupazione lavorativa astrattamente intesa;
- specifica, cioè un danno patrimoniale consistente nella difficoltà di continuare a svolgere concretamente il proprio lavoro e da cui scaturisce il danno futuro da lucro cessante.
In caso di danno da perdita della capacità di lavoro, il risarcimento è liquidato con equo apprezzamento delle circostanze del caso.
Inoltre, secondo la Corte di Cassazione con l’ordinanza 26 maggio 2020, n. 9682, anche il soggetto non percettore di reddito, come una casalinga o uno studente, ha diritto al ristoro del danno patrimoniale relativo alla perdita della capacità di lavoro.
Per valutare il danno futuro, il giudice deve accertare se la vittima, senza l’incidente, avrebbe trovato un lavoro adatto al proprio profilo professionale e se i postumi dell’infortunio le consentano lo svolgimento del suddetto lavoro.
“Il danno da perdita o riduzione della capacità lavorativa di un soggetto adulto che, al momento dell’infortunio, non svolgeva alcun lavoro remunerato, va liquidato stabilendo (con equo apprezzamento delle circostanze del caso, ex art. 2056 c.c.) se:
- possa ritenersi che la vittima, se fosse rimasta sana, avrebbe cercato e trovato un lavoro confacente al proprio profilo professionale;
- i postumi residuati all’infortunio consentano o meno lo svolgimento di un lavoro confacente al profilo professionale della vittima“.
Danno emergente: che cos’è e risarcimento
Il danno emergente rappresenta una perdita economica attuale e immediata derivante da un atto illecito, manifestandosi con una diminuzione diretta delle sostanze patrimoniali. Questo tipo di danno si verifica quando il patrimonio del creditore subisce una riduzione a causa di una prestazione mancata, inesatta o ritardata da parte del debitore.
La richiesta di risarcimento per il danno emergente può derivare da diverse situazioni, tra cui:
- Perdita di valore economico: provocata da una prestazione scorretta o ritardata da parte del debitore.
- Spese sostenute per correzioni: includendo i costi sostenuti per correggere eventuali errori nella prestazione.
- Impossibilità temporanea di fruire del bene: nel caso in cui la prestazione danneggi il godimento temporaneo del bene.
- Danni alla persona o ai beni: coinvolgendo danni provocati direttamente alla persona o ai beni del creditore.
È importante sottolineare che, ai fini risarcitori, il danno emergente si verifica attraverso una perdita di utilità già presente nel patrimonio del danneggiato.
Il risarcimento avviene in forma equivalente, cioè mediante una somma di denaro che compensa il valore del bene danneggiato, senza tuttavia ripristinare completamente la situazione precedente all’accaduto. In alternativa, il risarcimento potrebbe consistere nel ripristino effettivo del bene o della situazione giuridica lesa.
Lucro cessante: cos’è e risarcimento del danno
Lucro cessante indica la mancanza di guadagno patrimoniale derivante da un’inadempienza o da un atto illecito. A differenza del danno emergente, il lucro cessante si riferisce a un potenziale incremento di ricchezza non ancora incorporato nel patrimonio del danneggiato, ma che si sarebbe ragionevolmente generato in assenza dell’evento dannoso.
Il risarcimento del lucro cessante è concesso solo quando esiste la certezza della sua effettiva esistenza, e ciò deve essere supportato da prove “rigorose”. Questo principio è stato stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 23304 dell’8 novembre 2007:
“È necessario che dagli atti emergano elementi oggettivi lesivi, la cui futura incidenza sul patrimonio del soggetto sia certa, traducendosi, in termini di lucro cessante o perdita di opportunità, in un danno economicamente quantificabile e apprezzabile, che non sia solo potenziale o possibile, ma che appaia – anche solo considerando l’id quod plerumque accidit legato all’illecito – con una certezza o almeno con un elevato grado di probabilità.”
La dimostrazione del lucro cessante: come provarlo?
Per ottenere il risarcimento del danno derivante dalla perdita di guadagno, il danneggiato deve dimostrare gli elementi costitutivi del danno, la sua diretta relazione con l’inadempimento o l’illecito (nexum causale) e la quantificazione del danno stesso.
L’onere della prova varia a seconda della tipologia di responsabilità:
- In caso di responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.), è compito del debitore dimostrare che l’inadempimento o il ritardo è stato causato da impossibilità della prestazione non imputabile a lui.
- Nel contesto di responsabilità extracontrattuale (art. 2043 c.c.), la responsabilità di dimostrare il pregiudizio subito grava sul danneggiato.
La prova rigorosa del lucro cessante
Il risarcimento del lucro cessante è riconosciuto quindi solo nel caso in cui c’è la probabilità o la certezza della sua concreta esistenza, da fornire con prova “rigorosa”.
Tratta di lucro cessante prova la Corte di Cassazione nella sentenza n.23304, 8 novembre 2007: “Occorre pertanto che dagli atti risultino elementi oggettivi di carattere lesivo, la cui proiezione futura nella sfera patrimoniale del soggetto sia certa, e che si traducano, in termini di lucro cessante o in perdita di chance, in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, che non sia meramente potenziale o possibile, ma che appaia invece – anche semplicemente in considerazione dell’id quod plerumque accidit connesso all’illecito in termini di certezza o, almeno, con un grado di elevata probabilità“.
Occorre allegare l’utilità persa.
“Il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, va valutato su base prognostica ed il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività lavorativa.
Tale presunzione, peraltro, copre solo l’”an” dell’esistenza del danno, mentre, ai fini della quantificazione del danno patrimoniale, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all’art. 1226 c.c., perché esso riguarda solo la liquidazione del danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, situazione che, di norma, non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produrre reddito e, dunque, può dimostrare di quanto quest’ultimo sia diminuito” (Cass. 21988/2019; Cass. 15737/2018; Cass. 11361/2014).
Come si calcola il danno da lucro cessante?
Determinare il risarcimento del lucro cessante è un compito più complesso rispetto alla valutazione del danno emergente. Infatti la quantificazione del mancato guadagno non può essere stabilita con certezza come nel caso del danno emergente.
Per questo la valutazione del danno da lucro cessante richiede un accurato esame delle probabilità. In conformità con l’articolo 2056, secondo comma, del codice civile italiano, il giudice valuta il lucro cessante con un’apprezzamento equo delle circostanze specifiche del caso.
È importante sottolineare che il risarcimento del lucro cessante non è previsto se il guadagno è puramente ipotetico (Cass. 7647/1994), e vanno sottratti eventuali benefici ottenuti dal creditore (compensatio lucri cum damno).
Inoltre, la Corte di Cassazione, Sezione III Civile, con la sentenza del 19 maggio – 28 giugno 2011, n. 14278, ha specificato che, quando per varie ragioni il soggetto leso non è in grado di provare o produrre il reddito a causa di età, disoccupazione, cassa integrazione o impegni accademici in corso o in fase di completamento, è possibile adottare un parametro equo rappresentato dal triplo dell’importo della pensione sociale.
Differenze tra danno emergente e lucro cessante: alcuni esempi
Illustreremo le differenze tra il danno emergente e il lucro cessante attraverso alcuni esempi, concentrandoci sul caso di risarcimento per danni patrimoniali derivanti da un incidente stradale. Consideriamo, ad esempio, una situazione in cui un veicolo, violando la precedenza, provoca la caduta di un motociclista, causando diversi danni. Nel calcolo dei danni patrimoniali dell’incidente stradale, i costi per riparare la motocicletta e le spese mediche rientrano nel danno emergente, poiché rappresentano una perdita economica immediata per la vittima.
Supponiamo che la vittima riporti una frattura al braccio, generando un danno alla salute (danno biologico) e un danno patrimoniale da mancato guadagno. Quest’ultimo aspetto si manifesta nel periodo in cui la vittima è impossibilitata a lavorare a causa del gesso.
Esaminiamo ora un esempio relativo alla responsabilità contrattuale. Un commerciante acquista merce da rivendere nella propria attività, ma il trasportatore perde il carico. In questo caso, la perdita del commerciante nel dover ricomprare la merce distrutta rappresenta un danno emergente.
Allo stesso tempo, il pregiudizio derivante dall’impossibilità di ottenere profitti dalla vendita della merce costituisce un lucro cessante.
Danni patrimoniali: come funzionano tassazione e prescrizione?
Per quanto concerne l’imposizione fiscale sul risarcimento del danno patrimoniale, è importante notare che le tasse sono applicate solamente sulla parte del risarcimento relativa al lucro cessante. Pertanto, per il danno emergente, non si applica alcuna tassazione.
La tassazione del risarcimento per il lucro cessante è esclusa solo per gli importi liquidati a titolo di invalidità permanente o per decesso, anche se corrisposti in sostituzione del reddito perduto.
Il termine di prescrizione per presentare una richiesta di risarcimento è di 10 anni a partire dalla diagnosi, nel caso di responsabilità contrattuale del datore di lavoro. Per altre tipologie di responsabilità, il periodo di prescrizione è quinquennale.
Nel caso in cui il danno costituisca anche un reato, la prescrizione segue i termini del reato per quanto riguarda la responsabilità extracontrattuale. È comunque possibile interrompere il decorso della prescrizione mediante la messa in mora.