Recentemente, la carenza di soluzioni saline per via endovenosa è diventata un problema critico a livello globale. Questo deficit ha assunto proporzioni allarmanti e rappresenta una seria preoccupazione per il settore sanitario, influenzando la disponibilità di trattamenti essenziali e mettendo a rischio la qualità delle cure per i pazienti in tutto il mondo

La carenza di soluzioni saline

La carenza di soluzioni saline per via endovenosa è diventata un problema critico a livello globale

Poche settimane fa, l’Australian Therapeutic Goods Administration (TGA) ha incluso le soluzioni saline per via endovenosa (IV) nella lista dei farmaci difficili da reperire. Questo provvedimento riflette una crisi globale, dovuta a problemi di produzione e a una domanda che supera le previsioni. Due fluidi IV (intravenosi) particolarmente colpiti dalla carenza sono la soluzione salina allo 0,9% e la soluzione di Hartmann (o lattato di sodio composto).

La prima, conosciuta anche come soluzione salina normale, è composta da cloruro di sodio (sale da cucina) disciolto in acqua sterile. Il suo nome “0,9%” si riferisce alla concentrazione di sale che è equivalente alla salinità del sangue umano, rendendola isotonica. È comunemente utilizzata per idratare i pazienti, ripristinare i fluidi corporei persi, e per lavare o diluire farmaci somministrati per via endovenosa.

La soluzione di Hartmann (o soluzione di Ringer lattato) è invece una miscela di cloruro di sodio, cloruro di potassio, cloruro di calcio e lattato disciolti in acqua. È progettata per essere simile al plasma sanguigno e per aiutare a mantenere l’equilibrio elettrolitico e acido-base del corpo. Viene spesso utilizzata per trattare disidratazione, perdite di sangue e per supportare il recupero di fluidi dopo interventi chirurgici o traumi.

Entrambi questi fluidi sono fondamentali nella gestione di molte condizioni mediche e la loro carenza può avere impatti significativi sui trattamenti e sulle cure dei pazienti. Ma perché questa carenza?

Cause della carenza 

La carenza di soluzioni saline è emersa a causa di problemi nella produzione e di un aumento significativo della domanda. Le difficoltà nella produzione includono interruzioni nelle linee di assemblaggio e carenze di materie prime, mentre la domanda crescente è attribuibile all’incremento delle procedure mediche e alla gestione di emergenze sanitarie globali.

Di fronte a questa crisi, le autorità sanitarie hanno cercato di trovare soluzioni temporanee, come l’approvazione di soluzioni saline importate dall’estero per integrare le forniture locali.

Tuttavia, l’uso di questi prodotti ha sollevato preoccupazioni riguardo alla loro qualità e sicurezza, poiché le normative e gli standard di produzione possono variare significativamente da un Paese all’altro. Questo ha portato a ulteriori sfide nella garanzia della sicurezza e dell’efficacia dei trattamenti somministrati ai pazienti. A questo punto una domanda sorge spontanea…

Perché non basta usare acqua? Il ruolo dell’osmosi nei fluidi IV

Quando si somministrano farmaci per via endovenosa, è fondamentale utilizzare una soluzione con una concentrazione di sostanze chimiche che sia compatibile con quella del plasma sanguigno. L’acqua pura non può essere utilizzata per le infusioni endovenose a causa del principio scientifico dell’osmosi.

L’osmosi è il processo mediante il quale l’acqua si sposta dentro e fuori dalle cellule per bilanciare le concentrazioni di sostanze disciolte nel sangue. Una concentrazione troppo alta di sali o proteine può rendere il sangue “ipertonico”, causando il restringimento delle cellule del sangue. Al contrario, una concentrazione troppo bassa può causare l’espansione delle cellule. La soluzione ideale è quella “isotonica”, che mantiene l’equilibrio tra il fluido infuso e il plasma sanguigno.

Va da sé, che l’uso di fluidi per via endovenosa sbagliati può avere effetti devastanti. Alcuni farmaci sono stabili solo in particolari tipi di fluidi. Ad esempio, il cisplatino, un farmaco chemioterapico, è sicuro se somministrato in soluzione salina. Tuttavia, l’uso di glucosio puro può provocare gravi danni renali. La somministrazione di fluidi non adeguati può compromettere l’efficacia del trattamento o causare effetti collaterali gravi.

Linee guida 

Le linee guida dell’Australian Society of Hospital Pharmacists per l’utilizzo di fluidi IV alternativi in caso di carenza forniscono indicazioni importanti per gestire la sostituzione dei prodotti scarsi con opzioni alternative. Queste, iniziano con la valutazione delle alternative disponibili, suggerendo di considerare soluzioni saline diverse o preparazioni simili che possano essere utilizzate come sostituti. È fondamentale selezionare il fluido alternativo più adatto alle specifiche esigenze terapeutiche dei pazienti, come la gestione delle perdite di fluidi o il supporto delle funzioni vitali.

Inoltre, raccomandano un attento monitoraggio dei pazienti che ricevono questi fluidi alternativi, per garantire che non emergano effetti collaterali o complicazioni. Il personale sanitario deve monitorare i parametri clinici e le risposte terapeutiche per assicurarsi che il trattamento sia sia efficace che sicuro.

Le linee guida sottolineano anche l’importanza della consultazione con specialisti e dell’aggiornamento continuo sulle raccomandazioni più recenti riguardo ai fluidi IV alternativi, per garantire che le pratiche rimangano in linea con le ultime evidenze scientifiche. Inoltre, viene enfatizzata la necessità di una formazione continua del personale sanitario sull’uso e sulla gestione dei fluidi alternativi, per garantire decisioni informate e sicure durante le crisi di carenza.

Fonti

Wheate, N., & Alassadi, S. (2024). La Crisi della Soluzione Salina: Un Problema Globale per gli Ospedali. The Conversation.