Per la gestione dei neonati affetti da bronchiolite e ricoverati nei reparti di terapia intensiva è stato sviluppato il primo protocollo al mondo. Il lavoro, pubblicato su The Lancet eClinical Medicine, ha lo scopo di evitare il collasso dei reparti neonatali di terapia intensiva. E nel contempo di difendere i bambini più fragili da un’infezione spesso letale.

La bronchiolite è un’infezione respiratoria che colpisce soprattutto i bambini piccoli e i neonati. Nei casi più gravi, a volte è letale perché può provocare un’insufficienza respiratoria molto pericolosa. È causata soprattutto dall’RSV (Virus Respiratorio Sinciziale) ed è una patologia stagionale molto infettiva. In Europa e in Nord America, complici il freddo e la contagiosità negli asili nido, determina numerosi ricoveri nei reparti pediatrici e neonatali di terapia intensiva.

Lo studio rappresenta un punto di svolta

Il recente studio costituisce un punto di svolta nel controllo di una patologia che può causare la morte di migliaia di bambini ogni anno. Nonostante l’aggressività e la pericolosità dell’infezione, la letteratura scientifica esistente si basa soprattutto su protocolli studiati su pazienti ricoverati in reparti di pediatria generale. Ma questo non aiuta ad affrontare le emergenze dovute alle epidemie e ai casi più gravi da ospedalizzazione in terapia intensiva. Ecco perché è risultato importante il lavoro promosso da Daniele De Luca, professore ordinario di Neonatologia all’Università Paris Saclay, insieme ad altri ricercatori. Tra questi Mariarosaria Gualano, associata di Igiene presso l’Università Medica Internazionale.

Un lavoro importante per la comunità scientifica

Lo studio era molto atteso dalla comunità scientifica. Ciò a causa dell’urgenza di mettere a punto una strategia per affrontare una situazione complessa e delicata. Il quadro epidemiologico della bronchiolite, infatti, in Italia e in Europa è molto preoccupante.

«Il protocollo proposto dal nostro studio diventa cruciale per la gestione dei piccoli pazienti che presentano fragilità e diventano casi severi e complessi da gestire». Così Mariarosaria Gualano, che in merito al protocollo dichiara: «Ci aspettiamo ottimi risultati dalle applicazioni in tutti i contesti. Sia dal punto di vista del miglioramento degli outcome clinici, sia da quello economico. Ciò visto il buon livello di costo-efficacia di questo approccio».

Gestione dei casi più critici grazie al protocollo

Gli obiettivi che il protocollo si è posto sono i seguenti:

  • Preparare i team ospedalieri a riconoscere i casi più seri da veicolare nei reparti di emergenza.
  • Individuare i criteri che possano diagnosticare vari livelli di gravità del paziente pediatrico.
  • Gestire l’assistito tramite diverse e appropriate modalità di nutrizione, idratazione, supplementazione, nonché terapia farmacologica.
  • Cercare di evitare di intubare i piccoli pazienti.
  • Implementare modalità di assistenza respiratoria non-invasiva avanzata.
  • Assicurare il miglior controllo della diffusione del virus grazie ad appropriati dispositivi di protezione individuale, forme di isolamento di sicurezza, filtri e tecniche apposite.
  • Evitare il collasso delle Unità di terapia intensiva.
  • Proteggere i neonati che si trovano in situazioni più delicate (molto piccoli, con un sistema immunitario più debole e/o in condizioni di comorbilità preesistenti).