Il BNP è un ormone incide sulla riduzione della pressione arteriosa, dando sollievo al cuore.

Che nesso esiste con il mesotelioma pleurico maligno? Ce lo spiega un recente studio condotto presso l’Università di Atene. Iniziamo dal mesotelioma…

Mesotelioma e BNP: uno strano collegamento

BNP e mesotleioma pleurico. Uno studio si è focalizzato sul nesso

Prima di concentrarci sul BNP, utile spendere qualche parola sul mesotelioma pleurico maligno, una forma rara e aggressiva di tumore che colpisce la membrana sottile che riveste i polmoni e la cavità toracica.

Associato all’esposizione all’amianto (un materiale fibroso ampiamente usato in passato in vari settori), ad oggi purtroppo, la prognosi è sfavorevole.

Le fibre di amianto, quando disturbate o danneggiate, possono infatti essere rilasciate nell’aria sotto forma di polveri microscopiche.

Queste ultime, una volta inalate, possono depositarsi nei polmoni e nel mesotelio, danneggiando le cellule.

Circostanza che può provocare la proliferazione incontrollata e la formazione di tumori nel mesotelio, quali l’MPM.
La sofferenza causata dal mesotelioma è incommensurabile.

Principali sintomi del mesotelioma

I sintomi includono difficoltà respiratorie, dolore toracico persistente, perdita di peso e affaticamento. La sfida principale nella sua gestione è la diagnosi precoce, poiché spesso la malattia viene scoperta quando ormai è a uno stadio avanzato.

Come giustamente sottolinea il Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, Avv. Ezio Bonanni, che da anni lotta a fianco delle vittime di amianto, non esiste una soglia di esposizione “sicura”.

L’unico modo per non ammalarsi consiste nell’evitare categoricamente ogni contatto con il “killer silente”.
Nel frattempo, la ricerca continua a cercare terapie più efficaci e opzioni di trattamento atte a migliorare la vita dei pazienti affetti da questa devastante malattia.

Una speranza viene da uno studio condotto presso l’Università di Atene, Ospedale Sotiria di Atene e Scuola di Scienze dell’Università di Tessaglia a Lamia (Grecia), tra il 2007 e il 2020.

La ricerca ha esaminato l’associazione tra il peptide natriuretico cerebrale (BNP) e il mesotelioma pleurico maligno.

Nello specifico, si è concentrata sulla relazione tra i livelli di BNP nel liquido pleurico e la prognosi dei pazienti.

Con grande sorpresa, è emerso che livelli elevati di peptide, tradizionalmente riscontrati in presenza di problemi cardiaci come l’insufficienza cardiaca congestizia, possono essere presenti in diverse condizioni patologiche, incluso il mesotelioma.
La scoperta potrebbe avere implicazioni significative nella prognosi dell’MPM, fornendo un metodo potenzialmente più predittivo rispetto ai fattori prognostici tradizionali.
Prima di entrare nel vivo della questione, cerchiamo di capire cos’è il BNP.

BNP: conosciamo l’ormone

BNP: Il peptide natriuretico cerebrale è un peptide formato da 32 amminoacidi, secreto dai ventricoli del cuore in risposta ad un eccessivo allungamento delle cellule muscolari del cuore

II BNP (insieme al NT-proBNP), acronimo che sta per Brain natriuretic peptide, è una proteina secreta dai ventricoli del cuore in risposta a un eccessivo allungamento delle cellule muscolari del cuore.
Fra le diverse funzioni, l’ormone ha dunque, quale scopo ultimo, la riduzione della pressione arteriosa per dare sollievo al cuore.
In che modo?
Ad esempio, rilassando i vasi sanguigni (vasodilatazione) e favorendo l’eliminazione dei liquidi (aumento della diuresi).
I suoi valori, oltre ad aumentare sensibilmente con l’invecchiamento, aumentano nei pazienti con ipertrofia ventricolare sinistra e scompenso cardiaco.

Compare altresì nelle patologie edematose che comportano un aumento della pressione atriale e ventricolare (cirrosi epatica, ipertensione polmonare, angina instabile, ascite, insufficienza renale).

Dettagli sullo studio e nesso con il mesotelioma

Gli esami hanno coinvolto due gruppi di pazienti affetti da mesotelioma pleurico maligno, che avevano versamenti e lesioni evidenti sulla membrana che copre i polmoni.
I ricercatori hanno quindi misurato i livelli di BNP nel liquido e nel sangue durante la prima procedura per drenare il liquido dal torace, senza ulteriori valutazioni, dopo trattamenti come la chemioterapia.
Inoltre hanno analizzato il sangue e il liquido pleurico per determinare le caratteristiche chimiche e cellulari.
Per controllare la funzione del cuore e dello stato fisico, i pazienti sono stati sottoposti a esami come l’ecocardiogramma, utilizzando un sistema di punteggio chiamato ECOG PS, che aiuta a comprendere quanto essi siano in grado di svolgere normali attività quotidiane.
Tra i dati raccolti, fattori come l’età, il sesso, lo spessore del tumore e altri indicatori chimici che spesso influenzano la sopravvivenza dei pazienti affetti da MPM.
In aggiunta, sfruttando dati raccolti dal Cancer Genome Atlas, un progetto atto a creare un catalogo delle mutazioni genetiche responsabili del cancro, il team ha studiato altri fattori.

Tra tutti, come i diversi livelli di BNP, sia nel liquido sia nel sangue, potessero influenzare la prognosi di questi pazienti affetti da mesotelioma pleurico maligno.


Obiettivo dello studio

L’obiettivo dello studio era quello di valutare la sopravvivenza a uno e due anni, analizzando anche l’espressione genica correlata al BNP.

Risultato?
Si è osservato che pazienti con livelli più elevati di BNP nel liquido pleurico tendevano a presentare una sopravvivenza più breve rispetto a quelli con livelli inferiori.

Differenza che potrebbe diventare un marker fondamentale per distinguere il MPM da altre malattie che coinvolgono il liquido pleurico.
Ma il punto chiave della scoperta è che le cellule tumorali stesse potrebbero produrre il BNP.

Cosa che apre la strada a ulteriori indagini sulla biologia e sulle potenziali strategie di trattamento per questa infausta malattia asbesto correlata.
«Questa scoperta è importante perchè mostra un potenziale legame tra la produzione di questa sostanza e la sopravvivenza dei pazienti affetti da MPM», spiegano i ricercatori.
Lo studio è stato riportato sulla rivista Thoracic Oncology in the era of precision medicine.