Anidride solforosa e malattia professionale

In questa guida parliamo di anidride solforosa, una sostanza nociva che provoca gravi danni alla salute. I lavoratori esposti, anche a basse dosi, possono sviluppare gravi malattie del sistema respiratorio. Le vittime hanno diritto a una serie di prestazioni economiche e sanitarie erogate dall’INAIL in caso di malattia professionale e al risarcimento integrale dei danni subiti.

Cos’è l’anidride solforosa?

L’anidride solforosa è un gas altamente solubile in acqua, noto per il suo odore penetrante e per gli effetti aggressivi che può avere sul corpo umano, soprattutto se inalato. Derivato dalla combustione di sostanze contenenti zolfo, è impiegato in numerosi processi industriali ma può anche comparire come sottoprodotto in molte attività produttive. La sua formula chimica è SO₂.

Nell’ambiente di lavoro, può rappresentare un pericolo silenzioso: invisibile all’occhio, ma capace di generare disturbi respiratori acuti e cronici, irritazioni oculari, e peggioramento di patologie preesistenti. Anche il contatto con piccole concentrazioni può avere un impatto sulla salute, soprattutto se ripetuto nel tempo o se si opera in spazi poco ventilati.

Impiego industriale e fonti di esposizione

L’anidride solforosa viene utilizzata, o può generarsi accidentalmente, in diversi contesti. È particolarmente comune in stabilimenti dove si lavora con metalli, nei cicli chimici che prevedono la produzione di acido solforico, durante la raffinazione del petrolio e nei processi di incenerimento. Anche la produzione di energia elettrica da combustibili fossili può dar luogo alla sua emissione.

Altri settori, come l’enologia e la conservazione alimentare, la impiegano in modo controllato per le sue proprietà antimicrobiche e antiossidanti, specialmente nei vini e nei prodotti essiccati. Anche se qui i livelli sono contenuti, rappresenta comunque un potenziale allergene per soggetti sensibili.

Effetti sull’organismo umano e danni alla salute

Il contatto con l’anidride solforosa, soprattutto per via respiratoria, può causare diversi disturbi. L’irritazione delle mucose è spesso immediata: occhi arrossati, lacrimazione, sensazione di bruciore alla gola e alla trachea sono i segnali più frequenti.

In caso di esposizione prolungata o professionale, le conseguenze possono aggravarsi, arrivando a provocare patologie persistenti. Tra queste si annoverano:

  • tracheobronchite cronica, che coinvolge la parte alta dell’apparato respiratorio;
  • Congiuntivite chimica, un’infiammazione della superficie oculare;
  • Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), malattia degenerativa dei polmoni.

Tutte queste condizioni sono incluse tra le malattie professionali riconosciute dall’INAIL quando c’è un legame dimostrabile con l’attività lavorativa. In particolare sono inserite nella lista I, cioè tra le malattie per cui vige la presunzione legale d’origine della malattia: al lavoratore basta dimostrare la presenza della lavorazione e della malattia per ottenerne il riconoscimento.

Categorie di lavoratori più a rischio: quali sono?

Non tutti i lavoratori hanno le stesse probabilità di entrare in contatto con l’anidride solforosa. I rischi più alti riguardano coloro che operano in ambienti dove il gas può essere emesso o impiegato direttamente. In particolare, sono considerati soggetti a esposizione significativa:

  • addetti a centrali elettriche e termiche;
  • Personale delle raffinerie e delle aziende chimiche;
  • Operai nei settori della metallurgia;
  • Tecnici degli inceneritori e degli impianti di trattamento rifiuti;
  • Lavoratori nel comparto vinicolo e alimentare dove la sostanza è usata come additivo.

Anche la manutenzione di impianti industriali può esporre il personale a rilasci accidentali, rendendo necessaria un’attenta valutazione dei rischi.

Come proteggersi e prevenire i danni?

La prima regola per ridurre i rischi è la prevenzione tecnica: ventilazione efficiente, rilevatori automatici, sistemi di contenimento e aspirazione sono le misure principali. A queste si affiancano le strategie organizzative, come il controllo delle fasi a rischio e la limitazione dell’esposizione temporale.

Per questo è fondamentale anche l’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI), come maschere con filtri per gas acidi e occhiali protettivi. Infine, la formazione specifica del personale e la sorveglianza medica regolare completano il quadro della prevenzione.

Presenza negli alimenti: un rischio spesso ignorato

Attenzione però, l’anidride solforosa non è solo un pericolo industriale: la sua presenza è ammessa per legge anche in vari prodotti alimentari, dove funge da conservante. Sulle etichette la troviamo identificata con la sigla E220. I prodotti più comunemente trattati sono:

  • vino bianco, rosso e spumante;
  • frutta secca come albicocche e uvetta;
  • alcuni succhi di frutta e sottaceti.

Inoltre, in soggetti sensibili, può scatenare sintomi come nausea, cefalea, o crisi respiratorie. È obbligatorio indicarla in etichetta se la concentrazione supera i limiti stabiliti dalla normativa alimentare europea.

Denuncia di malattia professionale all’INAIL

Cosa fare in caso di insorgenza di una malattia correlata? In caso di insorgenza di una malattia riconducibile all’anidride solforosa sul luogo di lavoro, il lavoratore ha diritto alla tutela assicurativa INAIL. Ecco i passi da seguire per ottenerla:

  1. Rivolgersi al medico curante o al medico competente aziendale, che valuterà i sintomi e la possibile origine professionale.
  2. Il medico deve compilare e trasmettere il certificato medico telematico di malattia professionale all’INAIL.
  3. Il lavoratore, con il supporto di un patronato, presenta la denuncia di malattia all’INAIL, allegando documentazione sanitaria e lavorativa.
  4. L’INAIL avvia un’istruttoria per verificare il nesso causale tra attività lavorativa ed esposizione.
  5. Se riconosciuta, la malattia dà diritto a prestazioni economiche e sanitarie.

Il riconoscimento avviene sulla base dei codici INAIL che classificano le malattie correlate alla SO₂:

MalattiaCodice INAILCodice ICD-10
Tracheobronchite cronica da agenti irritantiI.1.25J40
Congiuntivite da sostanze chimicheI.1.25H10.4
BPCO da esposizione a sostanze nociveI.1.25J44

Modello base per la valutazione del rischio da anidride solforosa

Nel documento di valutazione dei rischi aziendali (DVR), ogni datore di lavoro deve includere l’esame dell’eventuale esposizione ad anidride solforosa. Ecco uno schema semplificato da inserire:

1. Descrizione del processo produttivo:
Es. fusione metalli in presenza di leghe contenenti zolfo.

2. Fasi a rischio:
Pulizia forni, apertura reattori, manutenzione impianti, travaso di prodotti chimici.

3. Tipo di esposizione:
Inalatoria – esposizione a vapori/gas.

4. Livello di esposizione stimato:
Valutato con rilevazioni ambientali (es. ppm in aria).

5. Misure tecniche di prevenzione attuate:
Ventilazione, aspirazione localizzata, contenimento.

6. DPI utilizzati:
Maschere con filtro B, occhiali protettivi, guanti.

7. Formazione erogata:
Corsi su agenti chimici pericolosi, uso DPI, emergenze.

8. Sorveglianza sanitaria prevista:
Controllo semestrale o annuale con esami respiratori.

9. Eventuali miglioramenti previsti:
Sostituzione sostanza, automazione processi, isolamento fonti.

L’assistenza legale gratuita dell’ONA

L’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto fornisce assistenza legale gratuita a tutte le vittime per il risarcimento dei danni, compresi quelli catastrofali trasmissibili agli eredi.

Per ottenere una consulenza legale gratuita basta chiamare il numero verde 800 034 294 oppure compilare il form che trovate qui di seguito.

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