I ricercatori dell’Irccs Eugenio Medea e dell’Università di Padova hanno condotto un nuovo studio sull’epilessia, pubblicato sulla rivista Cortex. I risultati della ricerca evidenziano che una delle cause dell’epilessia del lobo temporale potrebbe essere una iperconessione tra diverse aree del cervello.
L’epilessia nella storia e nel mondo
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L’epilessia è una delle patologie neurologiche maggiormente diffuse nel mondo. Colpisce circa una persona su 100 nei Paesi industrializzati. Tra le varie forme di epilessia, quella del lobo temporale è la più comune. Considerata inizialmente come un’alterazione specifica di una porzione del cervello, è poi stata descritta come un disturbo in grado di coinvolgere più network cerebrali.
La concezione dell’epilessia è quindi cambiata nel tempo. Agli studi sull’epilessia si collegano quelli sull’attività spontanea cerebrale. Inizialmente si riteneva che quando i neuroni non fossero impegnati in attività specifiche quali la produzione di pensieri, l’attività cerebrale fosse priva di significato funzionale. Da almeno due decenni è emerso che, seppur apparentemente scollegata dal pensiero e dall’azione, l’attività “a riposo” del cervello presenta un elevato livello di organizzazione spaziale e temporale.
La ricerca sull’iperconessione del cervello
“Nel cervello caratterizzato da epilessia abbiamo riscontrato uno sbilanciamento a favore di una iper-comunicazione tra diverse aree cerebrali, perfino quando il cervello non è impegnato in nessun compito” – afferma il dottor Gian Marco Duma, ricercatore dell’Irccs Eugenio Medea.
Il prof. Giovanni Mento, docente all’Università di Padova e coordinatore dello studio, sottolinea che “uno dei risultati più importanti di questo studio è che maggiori livelli di integrazione tra i network cerebrali correlano con prestazioni peggiori del funzionamento cognitivo nei pazienti con epilessia, e in particolare nei test di memoria e attenzione. Questa è una dimostrazione che la flessibilità e integrazione dei network cerebrali sono in un delicato equilibrio ed una loro alterazione può impattare le nostre funzioni cognitive”.
La ricerca apre a nuove importanti scoperte in campo scientifico. Questa si affianca ai successi ottenuti negli ultimi anni in ambiti quali la prevenzione e la cura del cancro.