«La privatizzazione della sanità pubblica è già una triste realtà». Sono le parole di Nino Cartabellotta presidente della Fondazione Gimbe, che ha presentato un’analisi dedicata all’ecosistema dei soggetti privati attivi nella sanità italiana. L’attenzione è rivolta soprattutto alla cosiddetta privatizzazione strisciante del Servizio Sanitario Nazionale. Secondo la Fondazione, il fenomeno non riguarda scenari futuri, ma una situazione già in corso.

L’analisi Gimbe evidenzia un elemento chiave: l’indebolimento progressivo della sanità pubblica. Indebolimento che crea spazio all’espansione silenziosa di una vasta galassia di attori privati. Molti cittadini, infatti, identificano il privato soltanto con le strutture accreditate presenti sul territorio. In realtà, la privatizzazione coinvolge una rete molto più ampia e complessa. Cartabellotta sottolinea come il termine “privato” venga spesso utilizzato in modo impreciso.

Il concetto di “privato” ricade su soggetti diversi

In sanità, il concetto di “privato” ricade su soggetti molto diversi tra loro. Ognuno possiede ruoli, strategie e interessi distinti, non sempre trasparenti. Le differenze riguardano soprattutto l’equilibrio tra profitto economico e tutela della salute pubblica. La Fondazione Gimbe identifica quattro principali categorie di soggetti privati:

  • Gli erogatori di servizi e prestazioni sanitarie e socio-sanitarie.
  • Gli investitori, che immettono capitali per sviluppo e produzione di utili.
  • I terzi paganti, come fondi sanitari e assicurazioni.
  • Realtà che stipulano partenariati pubblico-privato con enti sanitari e istituzioni territoriali.

Ogni soggetto privato può avere natura profit o non profit.  La privatizzazione della sanità può essere misurata attraverso due macro-fenomeni. In primis, l’aumento della spesa sanitaria out-of-pocket (privatizzazione della spesa). E la crescita del numero e delle tipologie di soggetti privati che erogano servizi e prestazioni sanitarie (privatizzazione della produzione).

Privatizzazione della spesa e relazioni non sempre trasparenti

Secondo il presidente Gimbe, al di là di schemi predefiniti e della molteplicità di attori privati le loro relazioni non sono sempre trasparenti. E le dinamiche sono più orientate al profitto che a tutelare la salute delle persone. In questo modo, stanno concretizzando, giorno dopo giorno, una silenziosa privatizzazione del SSN, il cui progressivo indebolimento fornisce un terreno sempre più fertile.

Nel 2024, la spesa sanitaria a carico dei cittadini (out-of-pocket) ammonta a € 41,3 miliardi, pari al 22,3% della spesa sanitaria totale. Percentuale che da 12 anni supera costantemente il limite del 15% raccomandato dall’OMS, soglia oltre la quale sono a rischio uguaglianza e accessibilità alle cure.

In Italia la spesa out-of-pocket in valore assoluto è cresciuta da € 32,4 miliardi del 2012 a € 41,3 miliardi del 2024.

Oggi si è di fronte a un servizio sanitario “misto”

Con quasi un euro su quattro di spesa sanitaria sborsato dalle famiglie, oggi si è di fronte a un servizio sanitario “misto”. Ciò senza che nessun Governo lo abbia mai esplicitamente previsto o dichiarato. Peraltro, la spesa out-of pocket non è più un indicatore affidabile delle mancate tutele pubbliche, perché viene sempre più arginata dall’impoverimento delle famiglie. Le rinunce alle prestazioni sanitarie sono passate da 4,1 milioni nel 2022 a 5,8 milioni nel 2024. In altre parole, la spesa privata non può crescere più di tanto perché nel 2024 secondo l’ISTAT 5,7 milioni di persone vivevano sotto la soglia di povertà assoluta e 8,7 milioni sotto la soglia di povertà relativa.

Strutture private accreditate in numero maggiore rispetto a quelle pubbliche

La privatizzazione della produzione coinvolge le diverse categorie di erogatori che contribuiscono all’offerta di servizi e prestazioni sanitarie. La componente più nota è rappresentata dalle strutture private convenzionate, che forniscono servizi e prestazioni sanitarie per conto del Ssn e vengono rimborsate con risorse pubbliche.

Nel 2023, delle 29.386 strutture sanitarie censite, il 58% sono strutture private accreditate e il 42% strutture pubbliche. Il privato accreditato prevale ampiamente in varie tipologie di assistenza: residenziale (85,1%), riabilitativa (78,4%), semi-residenziale (72,8%) e, in misura minore, nella specialistica ambulatoriale (59,7%).

Come invertire la rotta e assicurare cure a tutti

La Fondazione Gimbe ribadisce che è ancora possibile invertire la rotta. Come? Con un consistente e stabile rilancio del finanziamento pubblico, un “paniere” di Livelli Essenziali di Assistenza compatibile con l’entità delle risorse assegnate. Oppure con un “secondo pilastro” che sia realmente integrativo rispetto al SSN che eviti di dirottare fondi pubblici verso profitti privati e alimentare derive consumistiche. Con l’instaurazione di un rapporto pubblico-privato governato da regole pubbliche chiare sotto il segno di una reale integrazione e non della sterile competizione. Solo così sarà possibile restituire al SSN il ruolo che la Costituzione gli assegna. Cioe, garantire a tutte le persone il diritto alla tutela salute, indipendentemente dal reddito, dal CAP di residenza e dalle condizioni socio-culturali. Perché di fronte alla malattia siamo tutti uguali solo sulla Carta. Ma nella vita di tutti i giorni si moltiplicano inaccettabili diseguaglianze che un Paese civile non può accettare.