In caso di violenza di genere, secondo nuove ricerche dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il trauma può lasciare segni misurabili anche a livello epigenetico. Ciò può modificare l’attività dei geni senza alterarne la sequenza. Queste “cicatrici molecolari” potrebbero spiegare perché gli effetti della violenza durano nel tempo e perché molte vittime sviluppano disturbi anche a distanza di anni.
Il progetto EpiWE: cosa sta emergendo
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I primi risultati provengono dalle analisi su un gruppo di donne che ha partecipato al progetto EpiWE – Epigenetica per le donne, finanziato dal ministero della Salute e attivo in diverse regioni italiane. Le partecipanti hanno compilato un questionario digitale innovativo e donato un campione di sangue, permettendo ai ricercatori di studiare l’impatto della violenza sul benessere psicofisico.
Dai dati raccolti emerge un quadro preoccupante:
- Oltre il 50% delle donne esposte a violenza presenta disturbi post-traumatici gravi (PTSD).
- Circa una donna su quattro manifesta sintomi depressivi anche a distanza di molto tempo.
- Un terzo del campione è considerato ad alto rischio di rivivere situazioni di violenza.
- Nella maggioranza dei casi l’autore delle aggressioni è un uomo, spesso partner o ex partner.
- Gli episodi di violenza tendono a ripetersi nel tempo e possono coinvolgere più forme: fisica, psicologica, sessuale o economica.
Secondo i ricercatori, la violenza domestica lascia segni rilevabili nel DNA sotto forma di modificazioni epigenetiche. Studiare queste alterazioni potrebbe aiutare in futuro a prevedere gli effetti a lungo termine e a creare percorsi di prevenzione personalizzati.
L’estensione del progetto ai minori: nasce EpiCHILD
Grazie a una collaborazione con la Regione Puglia, l’iniziativa si è allargata anche ai minori che hanno assistito alla violenza in famiglia. Per loro l’ISS ha sviluppato EpiCHILD, un nuovo questionario digitale dedicato a bambini e adolescenti tra i 7 e i 17 anni.
Le prime analisi mostrano che:
- Quasi l’80% dei minori ha percepito come traumatico assistere a episodi di violenza fisica.
- Sono stati individuati diversi casi di PTSD e depressione.
- Nel 92% dei casi l’aggressore identificato è il padre.
- Più del 40% dei minori proviene da famiglie separate o divorziate.
Questi risultati confermano che assistere alla violenza ha un impatto profondo e può influenzare lo sviluppo emotivo e la salute mentale dei più giovani.
Perché questa ricerca è fondamentale
Gli esperti dell’ISS sottolineano la necessità di:
- screening regolari nelle strutture sanitarie;
- interventi multidisciplinari che coinvolgano sanità, scuola e servizi sociali;
- programmi personalizzati di prevenzione, basati su evidenze scientifiche;
- monitoraggi nel tempo per comprendere l’evoluzione del trauma e le possibili conseguenze transgenerazionali.
Il progetto proseguirà con follow-up periodici per costruire una banca dati utile a future ricerche e per sviluppare strumenti sempre più efficaci di tutela e supporto.
Fonte: Ansa
