In questo approfondimento esploriamo un aspetto delicato del diritto risarcitorio: il danno da perdita di chance. Si tratta di un risarcimento per la mancata realizzazione di un’opportunità favorevole, un concetto noto in giurisprudenza come “perdita di chance”. Si parla di perdita di chance se a seguito di un comportamento scorretto o negligente, una persona viene privata della possibilità concreta di conseguire un beneficio o di evitare un danno. Non si parla, dunque, di un risultato certo che non si è verificato. Ma della sottrazione di una chance – una concreta probabilità di ottenere un esito positivo – che poteva fare la differenza nella situazione del soggetto interessato.
Cos’è il danno da perdita di chance? Una definizione
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Per chiarire meglio questo tema, è utile partire dalla definizione stessa della “chance” in ambito legale. Originariamente il termine era legato al concetto di probabilità. In diritto però ha assunto un significato molto più articolato: esso rappresenta la possibilità reale, misurabile e concreta di raggiungere un vantaggio economico o personale.
Un’azione illecita può manifestarsi sia in un comportamento attivo scorretto sia in un’omissione. Se questa priva una persona della sua reale opportunità di migliorare la propria condizione, si configura ciò che viene definito danno da perdita di chance.
È importante sottolineare che, per il riconoscimento di questo danno, non è necessario dimostrare che l’esito positivo si sarebbe sicuramente verificato, ma solo che la probabilità di successo era rilevante e ben determinata.
Il riconoscimento in giurisprudenza della perdita di una possibilità
Il quadro giuridico che disciplina la perdita di chance ha visto una notevole evoluzione grazie alla giurisprudenza, che ha progressivamente riconosciuto l’importanza di risarcire non solo i danni certi, ma anche la privazione di una possibilità concreta.
Ad esempio, in ambito sanitario, se un paziente subisce una diagnosi errata o tardiva, la sua opportunità di ricevere un trattamento tempestivo e più efficace può essere notevolmente compromessa. In questo caso, il danno non è rappresentato direttamente dalla malattia. Ma dal fatto che al paziente è stata sottratta la chance di ottenere una guarigione migliore. Similmente, nel contesto lavorativo, un dipendente potrebbe vedersi negata la possibilità di una promozione o di un avanzamento di carriera a causa di una valutazione iniqua o di comportamenti discriminatori. Subendo così un pregiudizio economico derivante dalla mancata realizzazione di una concreta opportunità.
Come si dimostra? L’onere della prova
La dimostrazione del danno da perdita di chance rappresenta una delle sfide più complesse in ambito giuridico. In questi casi, il soggetto che richiede il risarcimento deve provare l’esistenza di una probabilità concreta e significativa che, in assenza del comportamento illecito, avrebbe portato a un risultato vantaggioso. Ciò richiede, in molti casi, l’utilizzo di consulenze tecniche e perizie specialistiche che possano quantificare, anche in termini percentuali, il valore della chance persa. L’onere della prova, seppur meno stringente rispetto a quello richiesto per danni certi, impone comunque una rigorosa analisi degli elementi che attestino il nesso causale tra il comportamento scorretto e la perdita della possibilità di successo.
Come si calcola il risarcimento del danno?
Una volta accertata la perdita di chance, il passo successivo è il calcolo del risarcimento. Dato che il danno risiede nel mancato verificarsi di un evento positivo, il risarcimento non può corrispondere all’intero valore del potenziale beneficio, ma deve essere proporzionato alla probabilità effettiva che l’evento si sarebbe realizzato.
In altre parole, se si dimostra che, ad esempio, esisteva una probabilità del 50% di ottenere un risultato favorevole, il risarcimento sarà calcolato tenendo conto di questa percentuale. Si applica così un coefficiente che riduca il valore pieno del beneficio atteso. Questo approccio, fondato su criteri di equità, consente di riconoscere un indennizzo che rifletta realisticamente la perdita subita. Questo senza attribuire un valore assoluto a una mera opportunità.
La giurisprudenza ha avuto un ruolo cruciale nel delineare i confini e le modalità di applicazione del danno da perdita di chance. Numerose sentenze della Corte di Cassazione hanno precisato che non tutte le opportunità mancate possono essere risarcite. Infatti è necessario che la possibilità in questione sia concreta, valutabile e non del tutto ipotetica. La giurisprudenza ha inoltre distinto questo danno da altre tipologie risarcitorie, come il danno emergente – che riguarda perdite economiche già verificatesi – e il lucro cessante, che concerne il mancato guadagno futuro. La perdita di chance si colloca in una posizione intermedia, tutelando il diritto alla compensazione anche per le opportunità effettivamente precluse da comportamenti illeciti.
Quando si verifica il danno da perdita di chance?
Gli ambiti in cui il danno da perdita di chance trova applicazione sono numerosi e variegati. Nel settore sanitario, ad esempio, oltre ai casi di diagnosi errate o ritardate, si considerano anche le situazioni in cui un intervento medico tempestivo avrebbe potuto migliorare significativamente il decorso della malattia.
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Nel mondo del lavoro, il principio si applica quando un dipendente perde una reale possibilità di avanzamento o di miglioramento della retribuzione. Questo a causa di pratiche scorrette del datore di lavoro. Anche in ambito contrattuale se una delle parti viene indebitamente privata della possibilità di concludere un affare vantaggioso. In questo caso si può configurare il danno da perdita di chance.
Un aspetto particolarmente rilevante riguarda la tutela dei lavoratori. Pensiamo per esempio a tutti quei casi in cui comportamenti illeciti o discriminatori sul luogo di lavoro impediscono a un dipendente di accedere a opportunità di carriera. In questi casi il riconoscimento della perdita di chance diventa fondamentale.
Non si tratta semplicemente di compensare il mancato guadagno. Si tratta di risarcire la privazione di un’opportunità che, se concretizzata, avrebbe potuto modificare significativamente la situazione economica e professionale del soggetto coinvolto.