burn out

Burn out. Gli studiosi non hanno avuto dubbi, si divide in 4 fasi e arriva da un momento all’altro; spesso entra a gamba tesa.

Erroneamente usato per descrivere altri contesti, il burn out invece è una condizione che descrive la fatica nel gestire gli ambienti professionali. La speranza è (soprav)vivere in un ambiente sereno e stimolante. Ma la realtà è più dura di così. E talvolta le speranze sono disattese. E dunque ci si trova a dover affrontare questa nuova e spiacevole condizione.

Il contesto

Arriva senza chiedere il permesso. I tempi troppo ristretti e il caffè lungo. La speranza lascia spazio alla fatica e alla impietosa giornata di lavoro. Il capo è nervoso. E come non pensare a lei. La gran voglia dell’uomo di superare le abitudini e oltrepassare la confort-zone mettendosi alla prova e passando al livello successivo, magari ottenendo una promozione. Il desiderio di superare i confini nostri e altrui. tenendo in considerazione il desk troppo vicino. Del collega che non ci piace. I clienti, le persone con cui veniamo a contatto ogni giorno e gli indisponenti. Coloro che non aiutano. O fanno muro. Il nonnismo. La creazione di nuovi legami “forzati”. Perchè è complesso andare d’accordo con tutti.

Le origini. Tra radici e tempistiche.

Nel 1974, Herbert Freudenberger, uno psicologo americano di origine tedesche, usa l’espressione “staff burnout” per descrivere una condizione di disagio fisica ed emotiva percepita eccezionalmente e condivisa da molte persone da quel momento in poi come una condizione fuori dall’ordinario. Questa infatti è riuscita a diventare un simbolo della lotta contro questa “psico-patologia”. Etimologicamente, bruciare fuori, il contrario dell’autocombustione quindi, il burnout è visto come un qualcosa che si prende tutto e si porta via con sè altrettanto. La gestione di emozioni troppo forti, magari dopo lunghi periodi di apatia o astenia, vissuti quindi, grazie all’alpha privativo, come una mancanza di un qualcosa. Dal greco. Il pathos finisce. Senza emozioni fino ad arrivare invece al non saperle più gestire. Un periodo troppo intenso ed ecco. L’esaurimento, fine delle energie.

Gli inizi e le cause

Viviamo all’interno di una società che mette a dura prova. Se è vero che non vanno confusi gli ambiti e le parole devono essere usate un contesto specifico, è pur vero che è impossibile non allargare lo sguardo ad altre aree di vita. non c’è parte che non necessiti di uno sguardo più approfondito. E’ infatti la somma delle situazioni che ne fa il totale. Anche nel luogo del lavoro non si possono tralasciare i tempi per sognare. Le ferie, i viaggi. Le pause. Condividere il proprio mondo con i colleghi ha aspetti positivi e negatici insieme. Senza dimenticare gli amici, il lavoro, la famiglia, la coppia, magari i figli, la vita in società. L’impegno politico. Mantenere l’attenzione nei gruppi Wathsapp, spesso professionali e creare relazioni profonde, la velocità della tecnologia. I social. Gli imprevisti. Le visite mediche nostre e degli animali domestici. Chi non si ritrova in questa descrizione? Viviamo tutti la stessa vita, per quanto diversa sia, e ne attraversiamo le varie fasi. Le crisi, i genitori che invecchiano e tornano bambini, l’economia che non sempre va a favore del nucleo familiare. e far coincidere tutto purtroppo, spesso , non è semplice. Le scadenze, le consegne, il mutuo troppo alto. Le discussioni al lavoro e le riconsiderazioni perchè andando avanti, l’evoluzione ha portato verso dei cambiamenti, e non siamo più propensia mantenere quelle abitudini. Per non parlare dei trasferimenti, spesso voluti dal capo. Gli allontanamenti dai propri cari. Molto spesso gli italiani si ritrovanoa gestire qualcosa di troppo grande per loro, e gli strumenti delle aziende, o semplicemente le volontà personali. Sono ancora troppo basse. Questo è un problema che affrontano anche ambienti dove circolano molti soldi. Magari per semplice mancanza di volontà o empatia.

La fine del sogno

Il lavoro dei nostri sogni che diventa lavoro e non più sogno. E comunque la mancanza di coraggio nel rinunciare a qualcosa. L’alta sensibilità di alcune persone e l’importanza di fare sport e curare insieme la nostra salute mentale e fisica. Per non rinunciare a niente. E arrivare più in avanti con gli anni nella maniera migliore possibile. Tutto questo è collegato direttamente al mondo professionale. che richiede una certa costanza. E molti sforzi non sempre ripagati. Chi non si confronta poi con i propri ricordi? Le esperienze in altri luoghi lavorativi. Le aspettative troppo alte. Arrivate spesso dai vari ambienti che frequentiamo. Le pressioni da parte di terzi. Traffico nelle grandi città. Treni soppressi e smart-working con “riserva”. Nonostante i molteplici passi delle aziende nel venire incontro ai cittadini, le esigenze del singolo non vengono molto prese in considerazione. D’altronde il senso comunitario è molto differente da ciò che ci fa essere gli uni uguali agli altri. In fondo abbiamo ciò che ci accomuna, ma abbiamo tutti la nostra storia, la nostra sensibilità e le nostre differenze. Molto sotto pressione, capita spesso di non sentirsi ripagati e che il nostro valore non venga riconosciuto.

Le fasi e i dati

A maggio del 2024 erano 1/2 gli italiani a rischio. E i dati sono sempre meno tranquillizzanti. Addirittura l’oms dice che entro breve 8 italiani su 10 affronteranno i sintomi dovuti alle richieste troppo lte, ancora troppo lontane dagli ideali dei più o meno giovani lavoratori. Di solito l’avvio è sempre lo stesso. L’idealizzazione e l’entusiasmo irrealistici per il lavoro, raggiunto dopo studi e fatica, magari ottenuto dopo un’intensa ricerca. Gli anni lontani dalla famiglia. Per studio o specializzazioni. Una preparazione ad hoc, tipica dell’insegnante, la delusione dovuto ad un duro scontro con la realtà. Diversa da come la si era immaginata. E poi è breve il passo che porta alla disillusione e alla frustrazione, vedendo i propri sforzi vani. La voglia di far nulla o il disimpegno avanzano. Il fuoco che ardeva di passione si affievolisce e si prende tutto, troppo. Tutto è ssociato magari ad emozioni negative. E allora tocca correre di corsa, ai ripari, mangiando sano, muovendosi, e prendendosi ancor più cura di se, magari arrivando a fare scelte drastiche. Ma prima di abbandonare definitivamente occorre comunque ponderare bene. Affrontando il problema alla radice, avendo i giusti chiarimenti e facendosi rispettare come portatore di doveri ma di persona avente dei chiari diritti. Diventa importante il parere degli esperti, si necessita di una comunicazione a cuore aperto, e della speranza che tutto si risolva al meglio e ritorni come un tempo. se le strade continueranno a combaciare. E sempre senza perdere la speranza che un ritorno allo stare bene in ambienti lavorativi è sempre possibile. Come il tornare al pieno delle nostre forze, in contatto con noi stessi. Riascoltandoci e assecondoci per quanto possibile, perchè sì lavori con passione per vivere, mq che non si viva solo per lavorare.