Indennità di accompagnamento per malattie psichiche

Indennità di accompagnamento per malati psichici: come funziona?

In questa pagina parliamo di indennità di accompagnamento per malati psichici, con disturbi mentali e cognitivi. In quali casi è possibile ottenerla? Si può ottenere senza la presenza di un danno biologico?

La risposta è sì, ma se ci sono determinati requisiti previsti dalla legge. Qui di seguito facciamo chiarezza e spieghiamo tutto passo per passo.

I requisiti per ottenere l’indennità di accompagnamento

L’Inps riconosce l’indennità di accompagnamento solo agli invalidi civili che siano impossibilitati a deambulare da soli, senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o che siano incapaci di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua. Ma cosa intende l’Inps per “atti quotidiani”?

La Corte di Cassazione ha fornito a più riprese dei chiarimenti in materia.

Requisiti per ottenere l’indennità di accompagnamento

Prima di tutto vediamo insieme quali sono i requisiti per ottenere l’indennità di accompagnamento, una prestazione economica che è erogata proprio ai disabili che hanno bisogno di essere “accompagnati” costantemente.

Hanno diritto all’indennità di accompagnamento:

  • gli invalidi civili che hanno ottenuto il riconoscimento di un’invalidità totale e permanente del 100%
  • che si trovino nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore;
  • oppure si trovino nella impossibilità di compiere gli atti quotidiani della vita con la conseguente necessità di un’assistenza continua;
  • siano cittadini italiani o cittadini UE residenti in Italia, o siano cittadini extracomunitari in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo; 
  • risiedano in Italia;
  • non siano ricoverati in strutture sanitarie con retta a carico dello Stato o di altro ente pubblico o ricoverati in reparti di lungodegenza o riabilitativi (continua invece ad essere corrisposta durante i periodi di ricovero per terapie contingenti di durata connessa al decorso della malattia).

Cosa sono gli “atti di vita quotidiana” nel dettaglio?

Secondo una circolare del ministero del Tesoro, per «atti quotidiani della vita» si intende l’insieme di azioni elementari che un soggetto normale della stessa età espleta quotidianamente e che rendono il minorato incapace di compierle e bisognevole di assistenza. 

L’invalido deve quindi non essere in grado di:

  • provvedere alla propria igiene personale;
  • soddisfare i propri bisogni fisiologici;
  • vestirsi e svestirsi;
  • assumere i pasti;
  • effettuare in sufficiente autonomia tutto quanto attiene alle necessità minime essenziali della quotidianità.

Accompagnamento per malati psichici: quando?

Secondo la Cassazione, l’indennità di accompagnamento spetta anche al malato psichico che sia in grado di camminare, mangiare e lavarsi da solo, ma non ha la capacità di organizzarsi autonomamente per la sopravvivenza. Potrebbe essere il caso di chi è anoressico quando la patologia raggiunge i gradi più gravi.

Secondo la Cassazione, l’accompagnamento non spetta:

  • se l’invalido è comunque in grado di attendere agli atti essenziali della vita quotidiana;
  • se l’impegno giornaliero richiesto alla persona eventualmente delegata a supervisionare alcune attività, come l’assunzione quotidiana di farmaci, si limita a un tempo minimo.

Al contrario, l’accompagno spetta se, nella giornata, l’assistenza è richiesta ogni qual volta la persona debba compiere una determinata attività quotidiana, inattuabile dall’invalido senza aiuto.

L’accompagnamento spetta, inoltre, se l’interessato è affetto da una psicosi cronica che si manifesta con allucinazioni e delirio.

I chiarimenti della Corte di Cassazione sull’accompagnamento per malati psichici

Con sentenza n. 24980 del 19 agosto 2022, la sezione lavoro della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti in relazione ai presupposti per ottenere l’indennità di accompagnamento:

“ai fini della valutazione dei requisiti di cui alla L. 2 febbraio 1990, n. 18, art. 1, non rilevano episodici contesti, ma è richiesta la verifica della loro inerenza costante al soggetto, non in rapporto ad una soltanto delle possibili esplicazioni del vivere quotidiano, ovvero della necessità di assistenza determinata da patologie particolari e finalizzata al compimento di alcuni, specifici, atti della vita quotidiana”

La Suprema Corte (da ultimo con Cass. 11432 del 2017) ha in più occasioni ribadito che l’indennità di accompagnamento va riconosciuta anche in favore di coloro i quali, pur essendo materialmente capaci di compiere gli atti elementari della vita quotidiana (quali nutrirsi, vestirsi, provvedere alla pulizia personale, assumere con corretta posologia le medicine prescritte) necessitino della presenza costante di un accompagnatore .

Questo in quanto, in ragione di gravi disturbi della sfera intellettiva, cognitiva o volitiva dovuti a forme avanzate di gravi stati patologici, o a gravi carenze intellettive, non siano in grado di determinarsi autonomamente al compimento di tali atti nei tempi dovuti e con modi appropriati per salvaguardare la propria salute e la propria dignità personale senza porre in pericolo sé o gli altri.

Valutare in termini di perdita complessiva dell’autonomia

Secondo la Cassazione la capacità dell’assistito di compiere gli elementari atti giornalieri deve intendersi non solo in senso fisico, cioè come mera idoneità ad eseguire in senso materiale detti atti, ma come capacità di intenderne il significato, portata ed importanza, anche ai fini della salvaguardia della propria condizione psico-fisica.

In altre parole, l’incapacità richiesta per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento non va tanto rapportata al numero degli elementari atti giornalieri che il richiedente può compiere, quanto alla possibilità che egli ne comprenda la portata e le loro ricadute, con particolare riferimento alla “salvaguardia della sua dignità come persona”.  

Esempi di indennità riconosciute per problemi psichici

Ad esempio, è stato riconosciuto il diritto all’indennità di accompagnamento:

  • a persona che, per deficit organici e cerebrali fin dalla nascita, si presentava incapace di stabilire autonomamente se, quando e come svolgere gli atti elementari della vita quotidiana, riferendosi l’incapacità non solo agli atti fisiologici giornalieri ma anche a quelli direttamente strumentali, che l’uomo deve compiere normalmente nell’ambito della società (Cass. 7 marzo 2001, n. 3299);
  • a persona che, per infermità mentali, difettava anche episodicamente di autocontrollo sì da rendersi pericolosa per sé e per altri (Cass. 21 aprile 1.993, n. 4664);
  • a persona che, per un deficit mentale da sindrome psico-organica derivante da microlesioni vascolari localizzate nella struttura cerebrale e destinate a provocare nel tempo una vera e propria demenza, non poteva sopravvivere senza l’aiuto costante del prossimo (Cass. 22 gennaio 2002, n. 667);
  • a persona che, anche per un deterioramento delle facoltà psichiche (in un quadro clinico presentante tra l’altro ictus ischemico e diabete mellito), mostrava una incapacità di tipo funzionale, di compiere cioè l’atto senza l’incombente pericolo di danno (per l’agente o per altri) (Cass. 27 marzo 2001 n. 4389);
  • a persona che, affetta da oligofrenia di grado elevato, con turbe caratteriali e comportamentali, era incapace di parlare se non con monosillabi e di riconoscere gli oggetti, versando così in una situazione di bisogno di una continua assistenza non solo per l’incapacità materiale di compiere l’atto, ma anche per la necessità di evitare danni a sé e ad altri (Cass. 8 aprile 2002, n. 5017). 

Accompagnamento per malati psichici

Il fatto di avere la pensione di inabilità e di essere stati interdetti, e perciò seguiti da un tutore, non dà automaticamente diritto all’accompagnamento se il richiedente è comunque in grado di attendere agli atti essenziali della vita quotidiana. Non basta quindi il semplice fatto che ci sia necessità di una persona eventualmente delegata a supervisionare talune attività limitata a un tempo minimo giornaliero.

Secondo i giudici della Corte di Cassazione «il presupposto legale dell’indennità di accompagnamento consiste non già nella mera difficoltà di compiere gli atti della vita quotidiana, bensì nell’impossibilità di por mano ad essi» per tutto l’arco della giornata e non solo in determinati momenti.

Lo scopo dell’assegno di accompagnamento infatti è di alleviare le sofferenze dei nuclei familiari con soggetti affetti da gravi infermità, i quali necessitano di un continuo controllo, al tempo stesso consentendo a quegli stessi soggetti di permanere all’interno della famiglia.

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