L’emicrania è una delle patologie neurologiche più diffuse e debilitanti al mondo. Si manifesta con episodi ricorrenti di mal di testa severo, accompagnati da una serie di sintomi che possono rendere difficile la vita quotidiana di chi ne soffre. Negli ultimi anni, i ricercatori hanno fatto significativi progressi nella comprensione e nel trattamento di questa condizione, e una delle più recenti scoperte riguarda l’efficacia di un farmaco, l’ubrogepant, capace di fermare l’attacco emicranico nelle fasi iniziali, prima che il dolore si manifesti pienamente. Ma cos’è esattamente l’emicrania? E cosa promette questo nuovo farmaco?

Cos’è l’emicrania?

Il farmaco Ubrelvy ha la capacità di intervenire nelle fasi iniziali dell’emicrania

L’emicrania è una condizione neurologica complessa che va ben oltre il semplice mal di testa occasionale. È una malattia che coinvolge il sistema nervoso centrale e vascolare del cervello, con effetti debilitanti che possono compromettere gravemente la qualità della vita di chi ne soffre. Il sintomo principale è un dolore pulsante e intenso, che si concentra solitamente su un lato della testa, anche se può manifestarsi su entrambi i lati. Questo, può essere così severo da impedire al paziente di svolgere le normali attività quotidiane. La durata di un attacco di varia notevolmente: può durare solo alcune ore, ma in molti casi persiste fino a tre giorni, rendendo difficile trovare sollievo con i normali analgesici.

Il disturbo non si limita al dolore. È spesso accompagnato da una serie di sintomi debilitanti come nausea e vomito, che rendono la gestione del disturbo ancora più difficile. Inoltre, molti pazienti manifestano una forte sensibilità alla luce (fotofobia), ai suoni (fonofobia) e persino agli odori, il che peggiora ulteriormente il loro stato durante un attacco. Queste sensibilità rendono l’ambiente circostante un fattore aggravante e costringono chi ne soffre a cercare spazi bui e silenziosi, isolandosi dagli stimoli esterni.

Diverse forme di emicrania 

Le due forme principali di emicrania sono quella senza aura e con aura. La prima, è la forma più comune e colpisce la maggior parte dei pazienti. In questo caso, il dolore si manifesta improvvisamente, senza preavviso, e raggiunge un’intensità elevata in tempi rapidi. Non ci sono segni premonitori che indicano l’inizio dell’attacco. Il che può rendere difficile per il paziente prepararsi o gestire efficacemente l’insorgenza dei sintomi.

L’emicrania con aura, invece, è caratterizzata da una serie di sintomi neurologici transitori che precedono il dolore vero e proprio. L’aura può presentarsi come una fase prodromica, che avverte il paziente dell’imminente arrivo dell’attacco. I sintomi includono disturbi visivi come flash di luce, lampi, zigzag luminosi o la comparsa di punti ciechi nel campo visivo (scotomi). Questi, possono essere accompagnati da altri disturbi neurologici.

Tra i principali: formicolio o intorpidimento che si diffonde in parti del corpo, difficoltà nel linguaggio e un senso di disorientamento.

Le quattro fasi

L’emicrania è inoltre suddivisa in quattro fasi, anche se non tutti i pazienti le sperimentano durante un attacco. La prima, detta prodromo, può manifestarsi da 24 a 48 ore prima del mal di testa vero e proprio. Essa si manifesta con cambiamenti di umore, rigidità muscolare (in particolare nel collo), difficoltà di concentrazione, sbadigli frequenti e un aumento della sensibilità alla luce e ai suoni. Successivamente, in alcuni casi, si presenta l’aura. Questa fase dura generalmente da 20 a 60 minuti.

La terza fase è quella del mal di testa.

Questa comporta un dolore pulsante, tipicamente unilaterale, accompagnato da nausea, vomito e ipersensibilità agli stimoli esterni, come luce e rumore. Infine, nella fase postdromica, che segue l’attenuazione del dolore, i pazienti possono sentirsi spossati, confusi o irritabili, con sintomi che variano in durata e intensità.

Perché si verifica? 

Nonostante i progressi della ricerca, le cause esatte del forte mal di testa rimangono ancora parzialmente sconosciute. È chiaro, però, che questa condizione presenta una forte componente genetica e può essere scatenata da una serie di fattori interni ed esterni. Uno degli elementi chiave è la predisposizione genetica: chi ha una storia familiare di emicrania ha un rischio significativamente maggiore di sviluppare la malattia.

Un’altra ipotesi principale riguarda le alterazioni neurologiche. Si ritiene che l’emicrania sia causata da cambiamenti temporanei nell’attività dei neurotrasmettitori, in particolare della serotonina, che è responsabile della regolazione del dolore e dell’infiammazione nel cervello. Durante un attacco, i livelli di serotonina e di altre sostanze chimiche cerebrali possono fluttuare, provocando una cascata di reazioni che coinvolgono i nervi, i vasi sanguigni e il tessuto cerebrale. Questo causa il dolore e i sintomi associati alla condizione.

Influenza di altri fattori

Diversi fattori ambientali e legati allo stile di vita possono anche contribuire all’insorgenza di un attacco. I cambiamenti ormonali sono spesso un importante fattore scatenante, specialmente nelle donne. Molte soffrono di emicrania durante il ciclo mestruale o la menopausa, a causa delle fluttuazioni negli ormoni, in particolare gli estrogeni. Anche l’alimentazione gioca un ruolo rilevante: alcuni alimenti, come i formaggi stagionati, il vino rosso, il cioccolato e la caffeina, sono noti per essere potenziali trigger.

Un altro fattore di rischio è lo stress, che insieme alla mancanza di sonno può contribuire notevolmente all’insorgenza degli attacchi. Uno stile di vita frenetico e caratterizzato da pressioni costanti può alterare l’equilibrio del sistema nervoso, innescando un episodio emicranico.

Infine, anche i cambiamenti meteorologici possono influire. Variazioni di pressione atmosferica, umidità e temperatura sono fattori che possono provocare alterazioni vascolari e neurologiche, scatenando un attacco in persone particolarmente sensibili. Questi elementi ambientali, uniti a fattori genetici e biochimici, rendono l’emicrania una condizione complessa e multifattoriale, che richiede un approccio individualizzato sia nella prevenzione sia nel trattamento.

Quante persone colpisce?

L’emicrania è una delle patologie più comuni al mondo. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), circa 1 miliardo di persone ne soffre a livello globale. In particolare, colpisce il 12-15% della popolazione adulta, con una prevalenza maggiore nelle donne rispetto agli uomini. In Europa, si stima che oltre 100 milioni di persone abbiano episodi almeno una volta nella vita.

Questa condizione non è solo un problema di salute fisica, ma ha anche un impatto significativo sulla qualità della vita, influenzando il rendimento lavorativo, la vita sociale e la capacità di svolgere attività quotidiane.

Diagnosi

La diagnosi si basa sulla descrizione dei sintomi fornita dal paziente, poiché non esistono test specifici. I medici utilizzano criteri clinici standardizzati, come quelli definiti dall’International Headache Society (IHS). Per diagnosticarla con certezza, è necessario che il paziente abbia avuto almeno cinque attacchi con caratteristiche tipiche, tra cui mal di testa che duri da 4 a 72 ore, con dolore unilaterale, pulsante, di intensità moderata o grave, e che peggiori con l’attività fisica. Devono essere presenti anche sintomi associati come nausea, vomito, fotofobia e fonofobia. Gli esami strumentali, come la risonanza magnetica o la tomografia computerizzata, vengono richiesti solo per escludere altre patologie cerebrali quando i sintomi sono atipici o vi sono segnali di allarme che richiedono un’indagine più approfondita.

Trattamenti standard

Il trattamento si divide in due approcci principali. La terapia acuta, che mira ad alleviare i sintomi durante un attacco, e la terapia preventiva, che ha lo scopo di ridurre la frequenza e la gravità degli attacchi nel lungo termine. Per la prima, i farmaci più comuni includono analgesici come l’ibuprofene e il paracetamolo, che possono alleviare il dolore. In casi più specifici, si utilizzano i triptani, farmaci come il sumatriptan, che agiscono sui recettori della serotonina per ridurre l’infiammazione e restringere i vasi sanguigni dilatati, contribuendo a fermare l’attacco. Gli antiemetici vengono spesso impiegati per trattare nausea e vomito, sintomi frequenti durante gli episodi emicranici.

Per i pazienti che soffrono di attacchi frequenti o debilitanti, è utile adottare una terapia preventiva. Tra i farmaci più utilizzati ci sono i betabloccanti, come il propranololo, che riducono la frequenza degli attacchi, così come alcuni antidepressivi, come l’amitriptilina, che si sono dimostrati efficaci nel prevenire l’emicrania. Anche farmaci antiepilettici, come il topiramato, possono essere prescritti con lo scopo di ridurre la frequenza degli episodi emicranici, dimostrando una buona efficacia preventiva.

L’obiettivo della gestione dell’emicrania è non solo ridurre l’impatto di ogni singolo attacco. Deve anche prevenire il verificarsi di nuovi episodi, migliorando la qualità della vita del paziente attraverso un approccio terapeutico su misura.

Nuove terapie: Ubrelvy e il potenziale di fermare l’emicrania prima che inizi

Il farmaco ubrogepant (Ubrelvy) ha suscitato grande interesse nella comunità medica per il trattamento dell’emicrania. Studi recenti hanno esaminato la sua capacità di intervenire nelle fasi iniziali, in particolare durante la fase prodromica. Il meccanismo d’azione di ubrogepant si basa sull’inibizione del peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP), una proteina coinvolta nella trasmissione del dolore e nella dilatazione dei vasi sanguigni durante gli attacchi di emicrania.

Uno degli studi più significativi, pubblicato nel 2023, ha coinvolto 518 pazienti che avevano sofferto di emicrania per almeno un anno, con una media di 2-8 attacchi mensili nei tre mesi precedenti all’inizio della sperimentazione.

Lo studio ha cercato di valutare se l’ubrogepant potesse prevenire l’evoluzione dell’episodio, trattando i primi segni, come la sensibilità alla luce e ai suoni, prima che il dolore cominciasse.

I partecipanti sono stati divisi in due gruppi. 

Uno, ha ricevuto il farmaco durante i primi sintomi premonitori di un attacco, e l’altro un placebo. I risultati sono stati significativi.

Etro due ore dall’assunzione, i pazienti trattati con ubrogepant mostravano un miglioramento del 73% nel riprendere le loro normali attività quotidiane senza disabilità rispetto al gruppo placebo.

Inoltre, dopo 24 ore, il 65% dei pazienti trattati con Ubrelvy ha riferito di non aver subito limitazioni nelle loro attività quotidiane, rispetto al 48% del gruppo che aveva assunto il placebo.

Potenziali benefici e implicazioni

L’efficacia di Ubrelvy nel bloccare il CGRP è particolarmente rilevante. Offre infatti un’alternativa ai pazienti che non rispondono bene ad altre terapie, come i triptani, che hanno un meccanismo d’azione differente. Inoltre, il farmaco sembra essere ben tollerato, con effetti collaterali generalmente lievi, come sonnolenza o secchezza delle fauci.

Questa classe di farmaci apre nuove prospettive nel trattamento dell’emicrania, soprattutto per quei pazienti che necessitano di una terapia rapida ed efficace, in grado di prevenire l’evoluzione dell’attacco e di migliorare la qualità della vita.