Fa discutere il Decreto Legge sulle liste d’attesa che, come hanno sottolineato diverse personalità del mondo politico e sanitario, dovrebbe essere perfezionato. Questo soprattutto perché «non prevede risorse aggiuntive – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione GIMBE – e potrà essere operativo solo previa approvazione di almeno sette decreti attuativi. Con scadenze non sempre definite e tempi di attuazione che rischiano di diventare biblici. Ancora, non include misure per ridurre la domanda inappropriata di esami diagnostici e visite specialistiche. Punta, oltre che su attività ispettive e sanzioni, sul potenziamento dell’offerta di prestazioni sanitarie. Ciò con ulteriore sovraccarico dei professionisti sanitari che hanno carichi di lavoro già inaccettabili».
Sono queste le principali criticità emerse dall’analisi GIMBE sul provvedimento dell’Esecutivo per la riduzione dei tempi d’attesa.
Le maggiori criticità relative all’impianto generale del DL
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I tempi di attesa aumentano a causa dello squilibrio tra l’offerta e la domanda di prestazioni sanitarie, di cui non tutte soddisfano reali bisogni di salute. Una quota di esami diagnostici e visite specialistiche, infatti, è inappropriata. Equivale a dire che la loro esecuzione non apporta alcun beneficio in termini di salute e contribuisce ad “ingolfare” il sistema, lasciando indietro pazienti più gravi.
«Tuttavia le misure previste dal DL – afferma Cartabellotta – prevedono solo di inseguire la domanda aumentando l’offerta, una strategia perdente. Come dimostrano numerosi studi, infatti, una volta esaurito il cosiddetto “effetto spugna” nel breve periodo, l’incremento dell’offerta induce sempre un ulteriore aumento della domanda».
Ecco perché risulta indispensabile definire criteri di appropriatezza di esami e visite specialistiche e un piano di formazione sui professionisti e d’informazione sui pazienti. Solo in questo modo si potrebbe arginare la domanda inappropriata di prestazioni.
Sui Decreti attuativi e sui loro tempi di attuazione
Il DL prevede almeno sette decreti attuativi e per quattro di loro non sono nemmeno definiti i termini di pubblicazione. Tra questi, uno è relativo alle “Disposizioni per l’implementazione del sistema di prenotazione delle prestazioni sanitarie”. Tre, invece, si riferiscono al “Superamento del tetto di spesa per l’assunzione di personale sanitario”.
«Un numero così elevato di decreti attuativi – asserisce il presidente della Fondazione GIMBE – è in contrasto con il carattere di urgenza del provvedimento. E lascia molte perplessità sui tempi di attuazione delle misure. Infatti, nonostante le rassicurazioni del ministro Schillaci sul rispetto dei tempi, la storia insegna altro. Tra valutazioni tecniche, attriti politici e passaggi tra Camere e Ministeri, dei decreti attuativi si perdono spesso le tracce. Con la conseguente impossibilità di applicare le misure previste».
Aspetti finanziari, difficile investire altre risorse
Il DL è frutto di un prolungato braccio di ferro tra il Ministero della Salute e il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Tutte le misure previste sono senza maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto utilizzano risorse già stanziate, sottraendole ad altri capitoli di spesa.
«È evidente – commenta Cartabellotta – che la versione definitiva del DL risente dell’impossibilità da parte del Governo di investire ulteriori risorse in sanità. E che la scure del MEF ha fortemente ridimensionato gli obiettivi del Ministero della Salute, generando un provvedimento perentorio nei termini e sovrabbondante nella forma. Ma povero di contenuti realmente efficaci per risolvere i problemi strutturali del SSN che generano il problema delle liste di attesa. D’altronde per superare il tetto di spesa per il personale sanitario sono necessarie risorse da investire e professionisti da assumere. Le prime sono pari a zero e i secondi sono sempre meno».
Liste d’attesa, le criticità delle singole misure
La Piattaforma Nazionale per le Liste d’Attesa permetterà di realizzare un monitoraggio rigoroso e analitico per le varie prestazioni sanitarie. Questo in tutte le Regioni con le stesse modalità.
«Tale strumento – spiega Cartabellotta – rappresenta l’unica vera novità del DL, anche se la sua implementazione richiederà tempi medio-lunghi. Il suo potenziale impatto sui tempi di attesa è difficilmente prevedibile, anche in considerazione dei poteri esclusivi delle Regioni sulla programmazione ed erogazione dei servizi sanitari».
Sorge un problema anche in merito al potenziamento dell’offerta di visite diagnostiche e specialistiche tramite l’estensione delle attività a sabato e domenica, prolungando le fasce orarie. Il principale ostacolo è la carenza di professionisti sanitari.
Se i professionisti sono sempre gli stessi e con carichi di lavoro già inaccettabili, come potranno erogare le prestazioni anche il sabato e la domenica?
Investire sul personale sanitario aumentando gli organici
È indispensabile non stremare ulteriormente il personale in servizio per non rischiare di alimentare la fuga dei professionisti dal SSN.
«Le interminabili liste d’attesa – conclude Cartabellotta – rappresentano il sintomo di un indebolimento organizzativo e soprattutto professionale che richiederebbero consistenti investimenti e coraggiose riforme. In tal senso, ricondurre tutti i problemi del SSN alle liste di attesa è estremamente semplicistico. Quello che abbiamo perduto è la capacità del SSN di prendere in carico i pazienti, soprattutto quelli cronici, in primis quelli oncologici. Pazienti oggi costretti, come novelli Ulisse, a peregrinare tra diversi CUP, tra vari ospedali sino a Regioni diverse. Ciò nel disperato tentativo di prenotare una visita o un esame diagnostico, attività di cui un tempo si occupava il SSN seguendo il percorso diagnostico-terapeutico del malato».